Valutazione d'azienda

Premio di maggioranza e sconto di minoranza

Premi e sconti rappresentano uno degli aspetti più controversi della business valuation: da una parte essi costituiscono un necessario correttivo volto a valorizzare i diversi business interests espressi dagli attori aziendali; dall’altra, sussistono varie difficoltà applicative, soprattutto nella individuazione di range di riferimento universalmente accettabili. Nel contributo sono prese in esame le varie tipologie di premi e sconti utilizzate nella prassi.

Indice: 1. Valore delle azioni e valore dell’azienda2. Tipologie di premi e sconti2.1 Il premio per le sinergie2.2 Premi e sconti per il controllo2.3 Sconto per mancanza di negoziabilità 2.4 Altre tipologie di sconto3. Casi particolari nell’individuazione di premi e sconti4. Conclusioni

1. Valore delle azioni e valore dell’azienda

Da un punto di vista sostanziale, il valore di un’azione è calcolato dividendo il valore dell’azienda per il numero di azioni. Tuttavia, per calcolare il valore di un pacchetto azionario non è sufficiente moltiplicare il valore di una singola azione per il numero delle azioni facenti parte del pacchetto, in quanto occorre verificare quanto esso “pesi” e di quali interessi (interest) sia portatore.

Nella terminologia anglosassone si qualifica come controlling interest la possibilità di influire attivamente sulle strategie di una società e, conseguentemente, sul suo valore. Al contrario, si è in presenza di un minority interest quando un pacchetto azionario non è sufficiente ad orientare le decisioni aziendali.

Nella valutazione di azienda può dunque accadere che il valore di un pacchetto azionario non sia pari alla corrispondente frazione del valore dell’azienda. In altre parole, il valore di un pacchetto pari al 60% non necessariamente corrisponde al 60% del valore complessivo, ma vale “qualcosa in più”, in quanto dà il diritto a controllare la società, salve diverse previsioni statutarie; allo stesso modo, il valore di un pacchetto azionario pari al 15% non corrisponde al 15% del valore dell’azienda, ma vale “qualcosa in meno” in quanto tale investimento non permette di esercitare un controllo.

Il “qualcosa in più” prende il nome di premium, premio; il “qualcosa in meno” prende il nome di discount, sconto.

Premi di maggioranza e sconti di minoranza sono quindi rettifiche in aumento o diminuzione, da applicare al valore delle azioni al fine di tenere conto degli specifici business interests.

2. Tipologie di premi e sconti

La letteratura solitamente individua quattro tipologie di valore legate all’entità del pacchetto azionario (Figura 1):

  1. valore derivante dalle sinergie (synergistic value);
  2. valore di un pacchetto di controllo (controlling interest value);
  3. valore di un pacchetto di minoranza negoziabile (marketable minority interest value);
  4. valore di un pacchetto di minoranza non negoziabile (non-marketable minority interest value).

Figura 1Valore dei pacchetti azionari (Fonte: NACVA, Valuation Discount and Premiums, 2012)

Su questa base possono essere individuate le seguenti tipologie di premi e sconti:

  1. premio per le sinergie (Synergistic Premium – SP);
  2. premio per il controllo (Control Premium – CP);
  3. sconto per la mancanza di controllo (Discount for Lack of Control – DLOC);
  4. sconto per la mancanza di negoziabilità (Discount for Lack of Marketability – DLOM).

2.1 Il premio per le sinergie

Il premio per le sinergie è difficilmente astraibile ed è legato a condizioni contingenti e talvolta soggettive. Si tratta infatti del premio che un soggetto è disposto a riconoscere per acquisire il controllo di una società, per effetto del quale potranno essere realizzate sinergie di varia natura, quali, ad esempio: economie di scala, di scopo, maggiore efficienza, integrazioni logistiche e di mercato, etc. Il valore di tali sinergie dipende dai benefici attesi e, pertanto, è difficilmente riconducibile ad una logica predeterminabile.

 2.2 Premi e sconti per il controllo

I premi e gli sconti per il controllo, secondo i Principi Italiani di Valutazione (PIV) statuiti dall’Organismo Italiano di Valutazione (OIV) sono “rettifiche, rispettivamente in aumento e in diminuzione, da applicare (eventualmente) ad una stima di valore di valore ottenuta sulla base delle metodiche dei risultati attesi o del costo per tradurla in un prezzo fattibile, cioè per accostarla al valore di mercato”, puntualizzando tuttavia che “il loro uso deve essere cauto e motivato”.

In generale, come detto, il premio per il controllo si traduce in un valore del pacchetto azionario più che proporzionale a quello desumibile dalla effettiva frazione del capitale sociale detenuta. Di contro, lo sconto si concretizza in un valore meno che proporzionale rispetto a quello desumibile dalla effettiva frazione del capitale sociale detenuta.

L’elemento discriminante per individuare un premio o uno sconto è rappresentato dalla maggiore o minore intensità del “controlling interest” espresso da un pacchetto azionario.

Il controllo, è opportuno ricordarlo, è un concetto più complesso e sfumato rispetto a quello che potrebbe a prima vista apparire. Fatta salva l’ipotesi della maggioranza dei voti in assemblea, in molti casi può essere complesso individuare l’esistenza dei presupposti del controllo.

Come rilevato correttamente nell’IFRS 10, “il potere deriva dai diritti. In alcuni casi l’accertamento del potere è immediato, come nel caso in cui [esso] si ottiene direttamente e unicamente attraverso i diritti di voto conferiti da strumenti rappresentativi di capitale come le azioni, e può essere determinato considerando i diritti di voto derivanti da tali partecipazioni. In altri casi, la verifica sarà più complessa ed è necessario considerare più fattori, per esempio nel caso in cui il potere risulti da uno o più accordi contrattuali”.

In termini generali, il controllo può essere definito come il potere di indirizzare la gestione e le politiche di una società. Prendendo a prestito la definizione dell’IFRS 10, un soggetto esercita un controllo quando detiene validi diritti che gli conferiscono la capacità di dirigere le attività e che incidono in maniera significativa sui rendimenti.

L’applicazione di un premio di maggioranza trova il presupposto nella possibilità di controllare la società con solamente una parte dei diritti di voto (astrattamente, dal 51% un su); ne deriva, quindi, che l’intero beneficio proveniente dal controllo può essere ottenuto senza acquistare l’intero capitale.

Nell’ipotesi in cui il controllo sia esercitato grazie a una partecipazione di maggioranza, è evidente che il valore di ciascuna azione che dà diritto a quel controllo sia unitariamente più elevato rispetto a quello attribuibile alla medesima azione nel caso di un’acquisizione totalitaria, dal momento che il controllo è ottenuto per mezzo di una porzione limitata di Equity e, pertanto, di un investimento più contenuto. In termini complementari, un’azione che rappresenta un minority interest esprime un valore che si riduce al crescere del pacchetto azionario.

Ad esempio, ipotizzando che il valore economico di una società sia pari a 100 Euro, chi acquisisce il 51%, astrattamente corrispondente a 51 Euro, ha il diritto di esercitare il controllo. Di contro, chi acquisisce il 49%, effettuando un investimento di soli 2 Euro inferiore, “subisce” le decisioni del socio maggioritario, pur se mitigate dagli istituti giuridici a tutela delle minoranze, tanto più se qualificate. È dunque intuitivo che il differenziale di valore tra le due partecipazioni non possa essere di 2 Euro soltanto, ma deve riflettere il diverso potere che ciascuna permette di manifestare.

La Figura 2 è sintetizza efficacemente la dinamica del valore in presenza di una partecipazione di maggioranza e una di minoranza.

Tanto più è elevata la partecipazione di minoranza, tanto più si riduce il valore unitario delle azioni approssimandosi alla soglia necessaria per esercitare il controllo che, in assenza di differenti previsioni statutarie, è fissata nel 50% più uno dei diritti di voto. Allo stesso modo, quanto più è contenuta la partecipazione di maggioranza, tanto più è elevato il valore unitario delle azioni, in quanto il controllo è ottenuto attraverso un investimento più contenuto.

Figura 2Il valore dei premi e degli sconti per il controllo

Sulla base della rappresentazione grafica, l’Equity Value (%) può essere calcolato attraverso la seguente formula:

Se il Business Interest = 50%, il coefficent a = 1.

Se il Business Interest > 50%:

Se il Business Interest < 50%:

a= 1-MD

dove MD = Minority Discount (%), che può essere calcolato come segue:

Ipotizziamo che l’Equity Value sia pari a 1.000.000 Euro e che il capitale sia composto da 100.000 azioni: il valore pro-rata di ciascuna azione è dunque pari a 10 Euro. Se un investitore è disponibile ad acquistare 51.000 azioni (51%) con un premio per il controllo del 15%, l’Equity Value (%) è così calcolato:

In buona sostanza, per acquisire il 51%, il cui Equity Value è pari a 510.000 Euro, l’investitore deve corrispondere 583.000 Euro; il maggior importo di 73.000 Euro rappresenta il premio per il controllo (a = 1,14).

Il premio per il controllo è tanto maggiore quanto più il pacchetto detenuto si avvicina al 51%, mentre si riduce fino al valore del pro-rata nell’ipotesi di possesso del pacchetto totalitario. Come si è detto, infatti, il premio è tanto più alto, quanto più un investitore ottiene il controllo acquisendo una porzione più contenuta di Equity.

Ciò può essere verificato empiricamente. Con riferimento all’esempio precedente, a parità di condizioni, possiamo calcolare come varia il coefficiente “a”, ipotizzando che l’investitore acquisti il 60%, il 70% e l’80% delle azioni.

Il rapporto tra coefficiente “a” e numero di azioni acquisite è inversamente proporzionale.

La letteratura, analizzando le determinanti del valore del controllo, ha rilevato come esse siano riconducibili, da un lato, alla possibilità di controllare la società e, dall’altro, alla possibilità di “sfruttare” la società per ottenerne benefici “particolari”, che potrebbero non rientrare tra le finalità aziendali.

Ne deriva pertanto che la possibilità di attribuire un premio per il controllo è tanto maggiore quanto più i modelli di governance lo consentano, ovvero quanto più è facile per la maggioranza imporre il proprio volere alla minoranza.I premi di maggioranza sono quindi:

  • maggiori nei paesi con un ordinamento giuridico meno orientato alla tutela delle minoranze e con un sistema giudiziario che non permette una pronta risposta in caso di violazioni;
  • minori per le società quotate per le quali il controllo esercitato dal mercato e dalle Authorities tendono a ridurre gli spazi per i benefici “privati”;
  • maggiori per le small private companies, dove la maggioranza coincide spesso con il management.

La valutazione di un business interest è diversa sia dalla valutazione di un’azienda tout court, che dalla valutazione della singola azione. Ciò comporta che:

  • il valore di un business interest può risultare diverso dalla somma dei valori delle singole azioni;
  • il valore dell’azienda può risultare diverso dalla somma dei valori dei singoli business interest.

Ciò in quanto:

  • i benefici generati dall’impresa non sono necessariamente divisibili su base proporzionale;
  • i rischi non sono necessariamente i medesimi per le diverse categorie di azionisti;
  • le informazioni cui le diverse categorie di azionisti hanno accesso non sono necessariamente eguali e simmetriche.

Il valutatore, nel calcolo di premi e sconti, come suggerito dai PIV, deve applicare estrema cautela. Infatti:

  • è necessario fare attenzione a non confondere il premio per il controllo con il risk premium, il quale, essendo una variabile del tasso di attualizzazione, è normalmente parte integrante della determinazione del valore fondamentale dell’azienda;
  • i premi e gli sconti sono frutto di un giudizio discrezionale e sintetico. Pertanto il valutatore deve evitare di utilizzare “correttivi” di rilevante dimensione, soprattutto se essi sono desunti da statistiche open source. Esistono databases professionali, come ad esempio il FactSet Mergerstat/BVR Control Premium Study, che permettono di effettuare ricerche più mirate, basate sul settore e sulla dimensione del business.

Pur essendo opportuno che il valutatore verifichi di volta in volta le caratteristiche del business, il control premium è generalmente compreso nei ranges indicati in Figura 3.

Figura 3Relazione tra premio per il controllo e controlling interest

Controlling InterestControl Premium
50%-55%30%-40%
55%-60%25%-30%
60%-70%20%-25%
70%-85%15%-20%
85%-100%0%

2.3 Sconto per mancanza di negoziabilità

Secondo l’IVS 105 lo sconto per mancanza di negoziabilità (o Discounts for Lack of Marketability – DLOM) “should be applied when
the comparables are deemed to have superior marketability to the subject asset. A DLOM reflects the concept that when comparing otherwise identical assets, a readily marketable asset would have a higher value than an asset with a long marketing period or restrictions on the ability to sell the asset. For example, publicly-traded securities 
can be bought and sold nearly instantaneously while shares in a private company may require a significant amount of time to identify potential buyers and complete a transaction”.

In termini molto pratici, tale sconto può essere applicato in tutti i casi in cui il detentore delle quote o delle azioni non può contare su un realistico scenario di way out dalla società. Tale sconto è molto frequente nel caso di società di piccola dimensione, con una ristretta base azionaria, che operano in business maturi o comunque poco appetibili per un investitore esterno.

Ad esempio, una quota del 10% nel capitale sociale di una società a responsabilità limitata, in presenza di un socio che detiene il restante 90% e in assenza di specifiche clausole di salvaguardia nello statuto, quanto vale? Astrattamente il 10% del valore complessivo; praticamente, in assenza di un soggetto interessato all’acquisto, il valore può essere prossimo allo zero, in quanto le chances realizzative sono molto rarefatte.

Da un punto di vista teorico, la formula di calcolo è la seguente:

Valore del business interest=Valore dell’azienda × (1-DLOM)

Nella prassi, come si è appena detto, il “Discount for Lack of Marketability” può essere rilevante, dal momento che i trasferimenti di società non quotate sono soggetti a difficoltà di negoziazione. In generale, può essere opportuno tenere conto dei seguenti parametri:

  • la natura degli assets dell’impresa: il DLOM può essere più elevato in presenza di assets difficilmente vendibili separatamente;
  • le dimensioni del business: minore è la dimensione, più elevato è il DLOM;
  • la capacità di generare cash flow; maggiore è l’attitudine di generare cash flow, minore è il tempo di recupero dell’investimento e, pertanto, il DLOM;
  • il 
numero di soci; più il capitale è frazionato, maggiore è il DLOM.

Talvolta un business interest può essere soggetto sia allo sconto per mancanza di negoziabilità (DLOM) che allo sconto per mancanza di controllo (DLOC), producendo un duplice “effetto depressivo” sul valore della quota. I due sconti non devono essere sommati, ma devono essere calcolati separatamente e in sequenza.

Ad esempio, un business interest del 40% è soggetto a un DLOC = 20% e a un DLOM = 30%. Ipotizzando che il Valore dell’azienda sia pari a 200.000 Euro, il minority interest è così calcolato:

Valore dell’azienda = 200.000 Euro

Valore per mancanza di negoziabilità = Valore dell’azienda × (1 – DLOM) = 200.000 Euro × (1 – 30%) = 140.000 Euro

Valore del 40% secondo il “pro-rata” = 140.000 Euro × 40% = 56.000 Euro

Valore del 40% per mancanza di controllo = 56.000 Euro × (1 – 20%) = 44.800 Euro

Lo stesso risultato può essere ottenuto calcolando prima il DLOC e poi il DLOM

Valore dell’azienda = 200.000 Euro

Valore del 40% secondo il “pro-rata” = 200.000 Euro × 40% = 80.000 Euro

Valore del 40% per mancanza di controllo = 80.000 Euro × (1 – 20%) = 64.000 Euro

Valore per mancanza di negoziabilità = 64.000 Euro × (1 – 30%) = 44.800 Euro

In entrambi i casi il valore del business interest è pari a 44.800 Euro.

2.4 Altre tipologie di sconto

La National Association of Certified Valuators and Analysts (NACVA) individua altre tipologie di sconto, quali:

  • sconto per un consistente blocco di azioni (blockage discount);
  • sconto per perdita di persone chiave (key person discount);
  • sconto per accordo limitativo (restrictive agreement discount);
  • sconto della capogruppo (investment company discount).

Al blockage discount sono spesso sottoposti gli investitori che detengono azioni in società quotate e che potrebbero non essere in grado di vendere un intero blocco di azioni senza influenzare negativamente il corso del titolo. La cessione frazionata del blocco di azioni può causare una allocazione non ottimale. La quantificazione del blockage discount può avvenire attraverso modelli che considerano l’arco temporale necessario per perfezionare la compravendita di tutte le azioni, nella propsettiva di minimizzare l’impatto negativo sulla quotazione.

Il key person discount è applicato quando i risultati di un’impresa dipendono largamente dalle qualità di alcune specifiche persone (come ad esempio CEO, CFO, etc.). In tali casi il valore di alcune key people rappresenta una parte del valore dell’impresa. Qualora tali key people abbandonassero l’azienda, essa potrebbe perdere una parte del suo valore. Il key person discount è applicato raramente e soprattutto nelle imprese di piccola dimensione; il suo valore è soggettivo e dipende da un’ampia serie di parametri difficili da valutare compiutamente.

I restrictive agreement discounts si applicano in presenza di buy-sell agreements, restricted stock agreements, etc., che possono limitare la capacità di un investitore a vendere o trasferire azioni. Secondo il NACVA “the impairment increases with the severity of the restriction. Value impairment due to the presence of restrictive agreements is generally incorporated into the overall discount for lack of marketability”.

Gli investment company discounts, detti anche holding discounts, derivano da un’osservazione della realtà. Accade frequentemente che la somma dei Net Asset Values delle società controllate sia superiore al valore della holding quotata; il mercato, infatti, tende ad accettare che soltanto una parte del valore delle subsidiaries si trasferisca sulla holding. Tale sconto può oscillare in un range compreso tra il 20% e il 60%.

3. Casi particolari nell’individuazione di premi e sconti

I premi e gli sconti per il controllo richiedono una particolare cautela in almeno due casi:

  • in presenza di un diritto di voto maggiorato ex art. 127 quinquies del Testo Unico della Finanza (TUF) o di un voto plurimo ex art. 2351 c.c.;
  • nel caso di recesso di un socio.

La legge n. 116 dell’11 agosto 2014 ha apportato significative novità alla disciplina del diritto di voto nelle società per azioni, superando il principio “una azione, un voto” da sempre vigente. La nuova disciplina prevede:

  1. per le società quotate (art. 127 quinquies TUF) un diritto di voto maggiorato, fino a un massimo di due voti per ciascuna azione appartenuta al medesimo soggetto, per un periodo continuativo non inferiore a ventiquattro mesi;
  2. per le società non quotate (art. 2351 c.c), azioni con diritto di voto plurimo fino a un massimo di tre voti.

Nelle società non quotate le azioni con diritto di voto plurimo costituiscono una categoria speciale di azioni, mentre nelle società quotate le azioni con diritto di voto maggiorato rappresentano una sorta di “premio fedeltà” all’azionista di lungo corso. Il voto plurimo è solitamente riconosciuto in presenza di particolari requisiti, come ad esempio a un soggetto particolarmente carismatico, tipicamente il fondatore, che può mantenerlo fino a che presta la sua attività nella società. Le modalità applicative di tali istituti sono varie, anche se è opportuno rilevare che essi non hanno ancora trovato ampia applicazione.

In tali circostanze, il premio per il controllo deve essere maneggiato con estrema cura, laddove sia associabile a tali categorie di azioni.

Nel caso di società quotate, solitamente il voto maggiorato rappresenta un incentivo concesso alle minoranze, al fine di ridurre l’impulso speculativo e spingere gli investitori a mantenere la partecipazione per un più lungo periodo. Il voto maggiorato, nel caso in cui sia concesso ad una partecipazione che rappresenta un minority interest ben lungi dallo “spostare” gli equilibri assembleari, non costituisce un presupposto per applicare uno sconto su basi differenti da quelle in precedenza prospettate. Di converso, in presenza di un minority interest che rappresenta una quota non secondaria del capitale sociale, il voto maggiorato può costituire un motivo per non applicare, o comunque contenere, lo sconto di minoranza.

Nel caso di società non quotate, qualora il voto plurimo sia concesso ad un azionista di controllo relativo, occorre prestare attenzione ad evitare duplicazioni di valore. In ogni caso è opportuno fare riferimento a quello che prevede lo statuto nel trattamento di tali fattispecie. Ad esempio, una clausola che sterilizza il voto plurimo nell’ipotesi di una compravendita, di fatto non produce alcun effetto sul calcolo di un eventuale premio di controllo.

Per quanto concerne il recesso di un socio, il riconoscimento di un premio o di uno sconto per il controllo, potrebbe portare dare luogo a un beneficio o a un danno per il socio recedente, a seconda che la quota posseduta costituisca un controlling o un minority interest. In generale, l’applicazione di tali correttivi in ipotesi di recesso rischia di aprire le porte a legittime contestazioni.

4. Conclusioni

Un’arguta osservazione dalla incerta paternità ci suggerisce che “le azioni non si contano, ma si pesano”. Nel rispetto dei business interest, tale riflessione ha un fondo di verità, in quanto l’ammontare delle azioni possedute produce un riflesso sul loro valore complessivo. È infatti intuitivo che un pacchetto di controllo esprima un maggior valore rispetto a un pacchetto di minoranza, a prescindere dal valore pro-rata che ciascuno di essi sottintende.

I premi e gli sconti rappresentano validi correttivi, che in molto circostanze possono essere tenuti in considerazione da un valutatore per registrare i diversi effetti che un business interest produce sulle dinamiche societarie. Le difficoltà applicative impongono tuttavia un attento esame delle singole fattispecie, onde evitare rettifiche distorsive che non riflettono la realtà dei rapporti.

Autore

Prof. Marco Fazzini
Ordinario di Economia Aziendale, Università Europea di Roma
Dottore commercialista e Revisore Legale
Keywords: valutazione d’azienda, premio di maggioranza, premio per le sinergie, sconto di minoranza, sconto per mancanza di controllo, sconto per la mancanza di negoziabilità, IFRS 10.