1. Utilità e limiti dell’analisi di bilancio
L’analisi di bilancio è finalizzata ad esaminare la situazione patrimoniale, economica e finanziaria di un’impresa, che costituiscono le tre prospettive attraverso le quali possono essere analizzati i “numeri” di un’impresa.
In particolare, l’analisi della situazione patrimoniale serve essenzialmente a inquadrare meglio:
- la struttura degli impieghi, cioè la composizione dell’attivo;
- la struttura delle fonti, cioè la modalità con cui gli impieghi sono finanziati (capitale proprio e di terzi);
- l’equilibrio tra impieghi e fonti.
L’analisi della situazione finanziaria ha principalmente come fine quello di accertare:
- la capacità dell’impresa di fare fronte agli impegni assunti;
- l’attitudine a generare flussi di cassa positivi (entrate > uscite);
Infine, l’analisi della situazione economica mira a verificare:
- la propensione a remunerare il capitale;
- la tendenza ad operare in modo efficiente (ricavi > costi).
È bene aver presente che l’analisi di bilancio fornisce un quadro della situazione limitato a ciò che l’informazione contabile è capace di esprimere, ma non offre necessariamente una risposta esaustiva a tutte le necessità conoscitive.
Il bilancio è in grado di rappresentare solo una parte degli eventi aziendali: quelli misurabili con un metro monetario e che sono riconducibili alle dinamiche patrimoniali, economiche e finanziarie. Ciò che non rientra in questo ambito non è rilevato e, conseguentemente, non trova manifestazione.
Il bilancio, e pertanto l’analisi che su esso si fonda, permette di acquisire informazioni utili, ma potrebbe essere necessario integrarle con altre ricavabili dal più ampio sistema di reporting.
Talvolta si instaura la percezione che l’analisi permetta di misurare lo “stato di salute di un’impresa”: questo è solo parzialmente vero. L’analisi di bilancio è paragonabile ad una radiografia: contiene tante informazioni, ma occorre saperla interpretare e da sola non è sufficiente per azzardare una prognosi. Occorre prendere cognizione di altri segnali, tenere conto delle condizioni interne ed esterne all’impresa e, solo dopo aver messo in relazione tutti gli elementi, si può esprimere un giudizio di sintesi.
Trarre conclusioni con il solo apporto dei dati contabili, per quanto opportunamente rielaborati, non fornisce sufficienti garanzie per ottenere un quadro della situazione del tutto attendibile. L’analisi di bilancio è quindi uno strumento di supporto che deve essere accompagnato da riscontri anche di altra natura.
2. Gli strumenti di analisi
Il sistema informativo d’impresa, oggi, si arricchisce progressivamente di nuovi contributi; se fino ad alcuni anni or sono esso era per lo più limitato al solo bilancio di esercizio, ora esistono in aggiunta ad esso documenti che esaminano aspetti della gestione non necessariamente riconducibili alle dimensioni patrimoniali, economiche e finanziarie.
Ci riferiamo, ad esempio, ai report di sostenibilità, alle analisi sulle dinamiche del valore e più in generale a tutti i documenti volti a fornire notizie sui più disparati ambiti dell’attività d’impresa. In molti casi si tratta di informazioni rese in via facoltativa e che non rispondono ad un obbligo di legge.
L’analista, per trarre un giudizio integrato, deve acquisire quanti più elementi possibile, che possono essere utili per spiegare meglio la genesi dei risultati e i motivi che stanno dietro a relazioni apparentemente poco comprensibili. Spesso un’attenta lettura della Nota integrativa e della Relazione sulla gestione fornisce risposte a domande apparentemente inevase.
Nel caso dei bilanci in forma abbreviata la base informativa richiesta dalla norma italiana è decisamente scarsa per le esigenze dell’analisi; i valori sono eccessivamente aggregati e la Nota integrativa è tenuta a fornire spiegazioni sintetiche. Se il documento si limita a rispondere alle disposizioni di legge e non le integra con dati ulteriori, può essere arduo assicurare un risultato di qualità.
3. Il processo di analisi di bilancio
L’analisi del bilancio si articola essenzialmente in due fasi. Una prima, di natura tecnica ed una seconda, di natura interpretativa.
La fase tecnica consiste nell’acquisire le informazioni utili e nell’ordinarle secondo una logica coerente rispetto alle finalità conoscitive che si vogliono perseguire. È bene chiarire subito che l’analisi di bilancio ha una vocazione spiccatamente “sartoriale”, nel senso che deve attagliarsi alle esigenze di indagine e alle caratteristiche dell’impresa che ne è oggetto proprio come un “abito su misura”.
Ne consegue che gli strumenti di analisi non possono essere impiegati in modo indiscriminato a prescindere dal contesto, ma devono essere selezionati e applicati tenendo conto delle specifiche condizioni operative. Come si è accennato in precedenza, la completezza dell’analisi non si misura sulla base della quantità di indicatori utilizzati, ma, piuttosto, in funzione della capacità di fornire risposte esaustive a quesiti puntuali. Naturalmente, più ampio è il campo di osservazione, maggiori sono le informazioni sulla cui base trarre un giudizio di sintesi attendibile.
La fase tecnica si articola in due momenti:
- la riclassificazione dei dati di bilancio;
- la selezione degli indicatori più idonei.
La riclassificazione consiste nell’ordinare le poste dello Stato patrimoniale e del Conto economico secondo una logica più appropriata rispetto a quella stabilita dalle norme che regolano la formazione del bilancio. Esse, infatti, hanno finalità diverse da quelle proprie dell’analisi e gli schemi esaminati nel capitolo 1 non sempre costituiscono una base di partenza adeguata per impostare l’indagine.
La dottrina e la prassi economico-aziendali propongono differenti logiche di riclassificazione, da cui discendono vari modelli e schemi applicativi; nel prosieguo sono presentati i criteri più comunemente impiegati a livello nazionale e internazionale: per lo Stato patrimoniale è proposta una logica di riclassificazione “finanziaria” e “funzionale”; per il Conto economico, “a valore aggiunto”.
Una volta riclassificate le poste di bilancio, occorre selezionare gli indicatori che presentano una maggiore capacità esaustiva. Gli ambiti di analisi a cui tali indicatori possono essere ricondotti sono i seguenti:
- analisi della liquidità: è finalizzata a evidenziare la capacità dell’impresa di fare fronte agli impegni di breve periodo, che rappresentano una variabile critica per gli equilibri della gestione corrente;
- analisi della solidità: essa mira a verificare l’equilibrio fra investimenti e fonti di finanziamento, nonché la correlazione esistente con la redditività aziendale;
- analisi della redditività: è orientata ad accertare in che misura i risultati economici siano in grado di remunerare in modo soddisfacente il capitale investito.
Dopo aver espletato la fase tecnica, prende avvio la fase interpretativa, che è considerata la parte “nobile” dell’intero processo di analisi. Sulla base delle informazioni fornite dalla lettura integrata degli indicatori, è possibile trarre considerazioni e giudizi sullo svolgimento delle dinamiche gestionali e, pur se in modo, parziale, sullo “stato di salute” dell’impresa.
L’espressione tra virgolette non è usata in modo casuale, dal momento che, grazie al percorso di indagine sopra sintetizzato, si può formulare una vera e propria diagnosi sulle condizioni complessive. Tale diagnosi, mantenendo una terminologia medica, si fonda su due metodologie: una strumentale e una clinica.
La prima si avvale dei risultati forniti dagli strumenti impiegati. Ognuno di essi contribuisce a fornire riscontri sull’andamento dell’impresa; mettendo insieme i vari elementi e soppesando la valenza segnaletica di ciascuno di essi, si può ricondurre un gruppo di fenomeni (segnali) a categorie che permettono di delineare un quadro della situazione “abbastanza” preciso.
L’avverbio si rende necessario poiché, per quanto accurata, l’analisi è influenzata dalla correttezza e dalla veridicità delle informazioni contenute nel bilancio di esercizio. Se esse non rappresentano in modo attendibile la situazione patrimoniale, finanziaria ed economica, le risultanze dell’intero processo di indagine sono incongruenti e di scarso valore sul piano informativo.
La seconda metodologia di diagnosi è quella clinica: come il medico deve essere in grado di interpretare una serie di segnali e di sintomi, così l’analista deve sviluppare la capacità di intravedere ciò che gli strumenti non “raccontano” esplicitamente e di creare relazioni logiche fra i vari elementi in suo possesso. In altre parole, deve acuire la sensibilità a ricomporre in uno schema organico e coerente informazioni di varia natura (non solo contabile) fra loro apparentemente non correlate. A tal fine è importante leggere i dati non in maniera isolata, ma rapportarli alle dinamiche del contesto economico e competitivo di riferimento.
Non esiste una ricetta che permetta di sviluppare una simile attitudine, se non l’esperienza che si può maturare nel corso del tempo e il rigore metodologico nell’implementare l’analisi di bilancio. Soprattutto questo secondo aspetto è rilevante per delineare un “quadro clinico” fondato su basi coerenti.
4. Le comparazioni dei valori
I risultati forniti dall’analisi di bilancio possono offrire un quadro delle condizioni operative di un’impresa, ma per trarre un giudizio di sintesi occorre che siano posti in relazione:
- all’evoluzione degli indicatori nel corso del tempo;
- ai valori espressi da società comparabili.
In generale, un solo esercizio non è sufficiente per inquadrare correttamente le dinamiche gestionali; una lettura integrata dell’evoluzione dei fatti aziendali nel tempo permette di disporre di un quadro della situazione più puntuale e di cogliere alcune relazioni di causa-effetto, che a prima vista potrebbero essere ignorate. Ciò risulta utile, ad esempio, per verificare come eventuali criticità siano progressivamente maturate.
Ad esempio, se accertiamo che una società presenta una redditività del 5%, che cosa significa? Ben poco, se tale valore non viene contestualizzato in una serie storica che permetta di coglierne lo sviluppo. Se nell’ultimo triennio l’evoluzione è stata del 2%, 3%, 4%, un valore del 5% rappresenta un miglioramento; se invece la progressione storica è stata del 15%, 12%, 10%, una percentuale del 5% evidenzia un drastico peggioramento.
In linea di massima, l’orizzonte temporale passato da prendere come riferimento dipende dalle circostanze che si vogliono approfondire. Ad esempio, se l’obiettivo è quello di accertare gli effetti che ha avuto un certo comportamento tenuto dagli amministratori con l’intento di promuovere (o difendersi da) un’azione di responsabilità, occorre partire dall’esercizio in cui esso ha preso avvio. Se invece l’analisi ha una finalità più generica, l’arco temporale deve essere congruo rispetto alla durata dei cicli operativi. Per chiarire il concetto, se un’impresa che gestisce commesse pluriennali, occorre assumere un lasso di tempo che sia almeno proporzionale alla durata media dei cicli di realizzo; se un’impresa che commercializza beni al dettaglio, l’orizzonte potrebbe essere più contenuto.
Una seconda linea di indagine riguarda il confronto con realtà comparabili da un punto di vista territoriale, di business, di dimensione, di governance, etc. In altre parole, l’apprezzamento di una redditività del 5% non può prescindere dalle caratteristiche del contesto. In un settore come quello alimentare, a titolo esemplificativo, tale percentuale è da ritenersi del tutto apprezzabile; nel comparto delle costruzioni edili, al contrario, alquanto modesta.
Ne consegue che un indice di bilancio non può essere letto come la gradazione di un termometro, in base alla quale 40 gradi “di febbre” sono giudicati “alti” da chiunque la misuri. I valori sono infatti da rapportare all’ambiente economico di riferimento, operando un confronto con i valori medi di settore, così da contestualizzare le risultanze ottenute alla luce delle peculiarità che contraddistinguono ciascun ambito.
Un tema non secondario è rappresentato dalla corretta individuazione del settore, che talvolta non è immediata a causa della compresenza di più business. Un esempio è rappresentato da Apple, che a prima vista potrebbe essere qualificata come impresa produttrice di computer (Mac). Tuttavia essa è attiva anche in altri business, come quello degli smartphone (iPhone), dei tablet (iPad), dei contenuti multimediali (iTunes), della distribuzione di software (Pages, Number, Keynotes), dei social media (FaceTime), degli orologi integrati (iWatch), etc. Nel primo caso dovremmo effettuare la comparazione (per quanto il Mac sia un prodotto non direttamente confrontabile) con realtà quali Compaq, Dell, Acer, Asus, etc.; per smartphone e tablet con Samsung, Sony, LG, Hawei, Microsoft, etc.; per i social media con Facebook, Twitter, Google Plus, MySpace, etc.; per gli orologi integrati con Samsung, Suunto, Garmin, etc. In definitiva, scegliere per Apple il settore di riferimento con sulla cui base effettuare un confronto con società comparabili può diventare un esercizio arduo.
L’elaborazione del campione su basi solide e dimostrabili costituisce dunque un passaggio fondamentale in ogni ambito in cui sia necessaria l’analisi di bilancio, poiché, a seconda della scelta effettuata, si può pervenire.