Valutazione d'azienda

La valutazione degli intangible assets secondo gli International Valuation Standards

La valutazione degli intangible assets rappresenta oggi un tema ampiamente dibattuto, reso attuale dal sempre più elevato numero di transazioni, nonché dalle normative agevolative a beneficio di coloro che su tali assets realizzano cospicui investimenti (“Patent Box”). L’IVS 210 costituisce una valida guida di riferimento per l’inquadramento degli approcci metodologici e per l’applicazione dei singoli criteri.

Indice: 1. Il ruolo degli intangible assets2. Definizione e identificazione degli intangible assets3. Il ruolo del valutatore4. Gli approcci valutativi5. I metodi basati sull’income approach5.1 Relief-from-royalty method5.2 Premium profit method5.3 Excess Earnings Method5.4 Greenfield method

1. Il ruolo degli intangible assets

Per molte imprese gli intangible assets rappresentano una delle principali fonti del vantaggio competitivo. La valutazione degli intangible assets è divenuta un tema sempre più rilevante, sia perché essi influiscono in modo significativo sul valore di un’impresa, sia perché sono frequentemente oggetto di autonoma negoziazione e, pertanto, di valorizzazione.

2. Definizione e identificazione degli intangible assets

Esistono varie definizioni di intangible assets. Una definizione convincente è quella fornita dall’International Valuation Standard (IVS) 210: “an intangible asset is a non-monetary asset that manifests itself by its economic properties. It does not have physical substance but grants rights and/or economic benefits to its owner”.

Secondo gli IFRSs e gli US GAAP un intangible asset deve rispettare contemporaneamente i seguenti tre requisiti (le definizioni sono testualmente tratte dallo IAS 38):

  • identificabilità;
  • controllo sulla risorsa; and
  • esistenza di benefici economici futuri.

Un’attività è identificabile se:

  1. è separabile, ossia può essere separata o scorporata dall’entità e venduta, trasferita, data in licenza, locata o scambiata, sia individualmente che insieme al relativo contratto, attività o passività identificabile indipendentemente dal fatto che l’entità intenda farlo o meno; o
  2. deriva da diritti contrattuali o da altri diritti legali, indipendentemente dal fatto che tali diritti siano trasferibili o separabili dall’entità o da altri diritti e obbligazioni.

Un’entità ha il controllo di un’attività se ha il potere di usufruire dei benefici economici futuri derivanti dalla risorsa stessa e può limitare l’accesso da parte di terzi a tali benefici.

I benefici economici futuri derivanti da un’attività immateriale possono includere i proventi originati dalla vendita di prodotti o servizi, i risparmi di costo o altri benefici derivanti dall’utilizzo dell’attività.

Secondo l’IVS 210 esistono varie tipologie di intangible assets, ma in generale essi possono essere ricondotte alle seguenti categorie

  • marketing-related: sono quelli finalizzati all’identificazione e alla promozione di prodotti e servizi, quali i marchi, il design, i domini internet;
  • customer-related: includono i database di clienti, i backlog, i portafogli lavori, etc.;
  • artistic-related: derivano dal diritto di trarre benefici da opere dell’ingegno, quali canzoni, libri, film, rappresentazioni teatrali, etc.;
  • contract-related: provengono da contratti aventi ad oggetto accordi di licensing e royalty, diritti radio-televisivi, diritti di sfruttamento di risorse, etc.;
  • technology-based: derivano da diritto di utilizzare brevetti, formule, tecnologie, software, processi, etc.

La categorizzazione offerta dagli IVS è compatibile con i requisiti previsti dallo IAS 38, anche se gli IVS prendono in considerazione anche gli intangibles che non sono tutelati da contratti o altri strumenti volti a garantirne l’esclusività.

3. Il ruolo del valutatore

La valutazione degli intangible assets può essere più complessa della valutazione di un’azienda, in quanto l’oggetto della stima presenta contorni meno nitidi e richiede la capacità di inquadrare correttamente le caratteristiche del bene.

Ad esempio, la valutazione di un “patent” non può prescindere da un’analisi delle tutele legali, che rappresentano il mezzo per usufruire in esclusiva del suo contenuto; la valutazione di un brand può essere differente a seconda che esso sia oggetto di compravendita tra due parti indipendenti, oppure oggetto di un impairment test richiesto dagli accounting standards.

Pertanto il valutatore deve identificare con attenzione il motivo della valutazione (“purpose of the valuation”) che, secondo l’IVS 210, può essere riconducibile ai seguenti ambiti:

  • nel financial reporting, per la valorizzazione di alcune poste del bilancio, soprattutto in connessione alle business combination (IFRS 3) e all’impairment test (IAS 36);
  • nel tax planning, per la quantificazione del transfer price derivante dagli intangibles;
  • nel forensic accounting, qualora il contenzioso abbia ad oggetto accordi di non concorrenza, l’utilizzo di licenze o altre intellectual properties, accordi di franchise, casi di infringement, abuso di posizione dominante, etc.;
  • transazioni aventi ad oggetto il trasferimento di un intangible asset.

Nella valutazione di un intangible il valutatore deve pertanto raccogliere le informazioni necessarie per:

  • identificare e circoscrivere il bene immateriale;
  • verificare le caratteristiche specifiche del bene in termini di funzionalità, tipologia di benefici generati, vantaggi competitivi;
  • analizzare l’insieme di diritti legali, le protezioni e le limitazioni;
  • identificare accordi di licenza, di sub-licenza, diritti di sviluppo, di commercializzazione e di sfruttamento e ogni altra obbligazione;
  • inquadrare la storia del bene intangibile;
  • stimare la vita economica residua e la vita legale del bene intangibile;
  • apprezzare i benefici economici diretti ed indiretti che il bene intangibile produrrà durante la sua vita economica;
  • conoscere eventuali controversie (passate e correnti) relative al bene;
  • valutare le potenzialità in termini di sfruttamento commerciale ancora inespresso del bene intangibile;
  • identificare se il “highest and best use” del bene intangibile sia il suo uso corrente;
  • identificare se il “highest and best use” del bene intangibile sia stand alone o condizionato da un gruppo di attività.

4. Gli approcci valutativi

Secondo l’IVS 210 possono essere seguiti tre approcci per la valutazione di un intangible:

  • l’income approach;
  • il market approach;
  • il cost approach.

Secondo l’income approach il valore di un intangible è determinato sulla base dei benefici attesi che esso sarà ragionevolmente in grado di generare, sia in termini di maggiori flussi che di risparmio di costi. Tale approccio è quello più comunemente utilizzato ed è oggetto di specifico approfondimento nel prosieguo dell’articolo.

Il market approach fornisce un’indicazione di valore comparando l’asset oggetto di stima con assets che presentano caratteristiche analoghe e per i quali siano disponibili informazioni sul prezzo. Come osservato dall’IVS 210, le transazioni che hanno ad oggetto intangible assets spesso includono ulteriori assets a questi collegati e, in generali, sono fortemente condizionate dalle caratteristiche della domanda e dell’offerta.

Conseguentemente, sostiene lo standard, “the heterogeneous nature of intangible assets and the fact that intangible assets seldom transact separately from other assets means that it is rarely possible to find market evidence of transactions involving identical assets. If there is market evidence at all, it is usually in respect of assets that are similar, but not identical”. La necessità di apportare ai prezzi o ai multipli aggiustamenti volti a rendere confrontabili i valori di mercato con quelli del bene oggetto di stima, circoscrive tuttavia l’applicabilità del metodo a specifiche circostanze.

Il cost approach, infine, si basa sul principio che un acquirente non è disponibile a riconoscere a un asset un valore superiore al costo che potrebbe sostenere per ottenerne uno di analoga utilità attraverso l’acquisto o lo sviluppo interno. Tale approccio è utilizzabile nei casi in cui possono essere stimati con adeguata approssimazione il costo di riproduzione o di rimpiazzo dell’intangible. Il cost approach è tipicamente utilizzato per la valutazione dei beni materiali; tuttavia, a parere di chi scrive, esso è più difficilmente applicabile a quelli immateriali, in quanto il valore di questi ultimi raramente è correlato ai costi sostenuti per la loro realizzazione, ammesso che siano identificabili. Ad esempio il costo di riproduzione del brand Gucci è praticamente impossibile da calcolare con l’approccio in questione, in quanto le variabili astrattamente da considerare sono talmente numerose, da non poter essere sintetizzate in una formula; inoltre la somma dei costi diretti e indiretti non potrebbe essere in alcun modo rappresentativa dell’effettivo valore del brand. Il cost approach non è pertanto utilizzabile quando l’intangible asset è unico nel suo genere, oppure la sua creazione è oramai datata.

Tutti i metodi appena sintetizzati hanno la comune finalità di individuare il valore di un intangible asset, con una maggiore o minore capacità interpretativa, a seconda delle caratteristiche del bene, del contesto e delle circostanze, che il valutatore deve selezionare il metodo che ritiene più appropriato, considerando il contesto, le finalità e le caratteristiche del bene. Come detto, in virtù della più ampia diffusione tra gli operatori, sono di seguito presi in esame i metodi basati sull’income approach.

5. I metodi basati sull’income approach

Vi sono vari metodi per valutare gli intangible assets nell’ambito dell’income apporach. I più comuni, secondo l’IVS 210, sono:

  • relief-from-royalty method, (anche conosciuto come “royalty savings method”);
  • premium profits method (anche conosciuto come “with and without”);
  • excess earnings method;
  • greenfield method.

5.1 Relief-from-royalty method

Secondo il relief-from-royalty method il valore di un intangible asset è determinato sulla base delle royalties che astrattamente potrebbero essere percepite in forza della proprietà del bene, tenendo conto di analoghe transazioni avvenute tra terze parti. La formula è la seguente:

dove:

PV(r)   = present value ad uno specifico tasso di attualizzazione (r)

R         = ricavi

RR      = royalty rate

t           = aliquota fiscale

L’applicazione del metodo è articolata in più fasi.

Anzitutto occorre stimare i ricavi (R) derivanti dall’utilizzo dell’intangible asset oggetto di valutazione; è fatto riferimento a questa metrica, dal momento che solitamente le royalties sono calcolate sulla base di una percentuale dei ricavi. In alternativa possono essere utilizzate anche altre grandezze, se vi è evidenza che in certo settore esse siano più comunemente utilizzate, come, ad esempio, la “per-unit royalty”. La proiezione dei ricavi deve tenere conto della vita utile dell’asset; ad esempio, se un brevetto farmaceutico scade dopo tre anni, la proiezione non può eccedere tale orizzonte temporale.

In secondo luogo è stimato l’ipotetico royalty rate (RR) che potrebbe essere percepito nel caso in cui il bene fosse dato in licenza a terzi. A tal riguardo è possibile far riferimento a due criteri:

  1. criterio dei “market royalty rates”;
  2. criterio dello “split of profits”.

Il primo criterio è basato sui “market royalty rates” riferibili a transazioni similari o a qualche titolo comparabili. L’applicazione di tale criterio presuppone l’esistenza: (a) di intangible assets comparabili; (b) che siano oggetto di un contratto di licenza e (c) per i quali siano disponibili i royalty rates. Esistono providers specializzati che forniscono tali informazioni.

L’aspetto più delicato consiste nell’individuare assets comparabili, dal momento che una intellectual property è tutelata proprio per garantire la sua unicità. La comparazione deve dunque essere effettuata nella prospettiva di identificare intangibili che presentino una funzionalità analoga e che siano utilizzati nello stesso ambito. Il valutatore deve quindi effettuare non solamente un’analisi economica, ma anche un’analisi tecnica al fine di costruire un idoneo panel di comparables.

I reports forniti dai provider specializzati solitamente contengono le seguenti informazioni:

  • i royalty rates rappresentati come percentuale di una qualche grandezza economico-finanziaria;
  • informazioni su licenziante e licenziatario;
  • rapporti tra le parti coinvolte nell’accordo (correlate o meno);
  • descrizione dell’asset, ambito di utilizzo, etc.;
  • termini della transazione, quali la data di sottoscrizione, le norme che regolano il diritto all’esclusiva, eventuali limitazioni geografiche, etc.;
  • fonte delle informazioni (SEC filings, articoli di stampa, comunicati della società, etc.).

In alcuni casi i contratti possono essere stati oggetto di rinnovo o di rinegoziazione. Il valutatore deve pertanto assicurarsi di essere in possesso della versione più recente dell’accordo.

Inoltre, la ricerca deve essere effettuata su una base mondiale più ampia possibile, in quanto un’analisi delle intellectual properties limitata ad un solo paese o a una determinata area potrebbe essere riduttiva.

Poiché potrebbe essere complesso individuare intellectual properties comparabili con un buon grado di approssimazione, il valutatore può considerare di apportare rettifiche al royalty rate. Tali rettifiche devono essere apportate con cautela e considerando molteplici fattori, quali quelli suggeriti a titolo esemplificativo nel caso di un trademark (Figura 1).

Figura 1Fattori sulla cui base apportare rettifiche a un royalty rate

FattoreConsiderazioni
Età in termini assolutiTrademark esistente da tempo o di recente creazione
Età in termini relativiPiù vetusto o più recente dei trademarks comparabili
Consistenza nell’utilizzoUtilizzato per prodotti affini o per prodotti diversificati
Specificità di utilizzoUtilizzato per un range ampio o ristretto di prodotti
Estensione geograficaUtilizzo internazionale o locale
Potenziale di espansioneLimitato o estendibile ad altri prodotti
Potenziale di sfruttamentoLimitato o estendibile ad altri settori
AssociazioneTrademark associato con persone, eventi, luoghi positivi o negativi
ConnotazioniIl trademark ha una connotazione positiva o negativa presso i consumatori
Durabilità nel tempoIl trademark è percepito come moderno oppure “old-fashioned”
QualitàIl trademark è identificato di alta o bassa qualità
ProfittabilitàI ratios sono mediamente più elevati o più bassi di quelli dei comparables
Spese di promozioneCosti di advertising e marketing più elevati o più modesti rispetto ai comparables
Quota di mercatoI prodotti associati al trademark hanno una market share più alta o bassa di quella di comparables
Potenziale di mercatoI prodotti associati al trademark sono in fase espansiva o recessiva
Riconoscibilità del nomeIl trademark godi di elevata o modesta riconoscibilità sul mercato

Adattato da: J.E. Elmore, The Valuation of Trademark-Related Intangible Property, Insight, Winter 2015, p. 71, www.willamette.com

Il secondo criterio è basato sullo “split of profits” che potrebbe essere ipoteticamente corrisposto in una transazione indipendente (“arm’s length transaction”) tra un licenziante e un licenziatario per il diritto ad utilizzare un determinato intangible. Tale criterio è principalmente utilizzato in assenza di royalties di mercato e deve essere considerato residuale rispetto precedente, in quanto basato su stime più soggettive, che possono ridurre la significatività dei risultati.

Dopo aver stimato l’ipotetico tasso di royalty, il valutatore deve applicare il tasso ai risultati attesi, derivanti dallo sfruttamento dell’asset, al netto degli eventuali costi “di mantenimento” che contrattualmente potrebbero essere imputati al licenziatario.

 5.2 Premium profit method

Il “premium profit method” (conosciuto anche come metodo “with and without”) individua il valore di un intangible comparando una stima dei flussi di cassa in presenza (“with scenario”) e in assenza (“without scenario”) del bene oggetto di stima. La formula è la seguente:

Secondo l’IVS 201 la comparazione tra i due scenari può essere effettuata in due modi: “calculating the value of the business under each scenario with the difference in the business values being the value of the subject intangible asset”, oppure “calculating, for each future period, the difference between the profits in the two scenarios. The present value of those amounts is then used to reach the value of the subject intangible asset”.

Da un punto di vista teorico il metodo appare intuitivo; dal punto di vista applicativo, invece, è complesso individuare i flussi attesi in assenza dell’intangible asset (“without scenario”) oggetto di stima.

Nei casi in cui i risultati di un’impresa dipendano quasi esclusivamente da un intangible asset, come accade ad esempio nel fashion business, il metodo è difficilmente applicabile, in quanto il brand rappresenta l’asset principale. Ipotizziamo ad esempio che una società venda annualmente 100.000 T-shirt a un prezzo di 100 Euro ciascuna; i ricavi ammontano a 10 milioni di Euro. Supponendo che il prezzo di vendita di una T-shirt “no brand” sia pari a 15 Euro, il valutatore dovrebbe individuare i conseguenti effetti sulla struttura dei costi e calcolare i flussi di cassa nello scenario “With” e “Without”. Ciò in pratica è impossibile, in quanto: (a) per un prodotto “no brand” non è ipotizzabile vendere un quantitativo di T-shirt annue analogo a quello di un prodotto “branded”; (b) la struttura dei costi dovrebbe essere completamente rideterminata; (c) dovrebbe essere considerato un differente modello di business; (d) dovrebbe essere ipotizzato un diverso mix di investimenti e di financial leverage. In altre, parole, un valutatore dovrebbe stimare la profitability di Armani come se, invece di essere un player globale, fosse un piccolo produttore di T-shirt nella provincia di Milano.

Nel caso in cui il “peso” dell’intangibile sia invece circoscritto, il premium profit method può essere applicato con maggiore efficacia, come ad esempio per la valorizzazione di un accordo di non concorrenza.

Nell’applicazione dello “without scenario”, il valutatore deve considerare:

  • una riduzione dei ricavi per effetto della perdita di una parte del vantaggio competitivo assicurato dall’intangible asset;
  • la riduzione dei costi legati all’asset, quali ad esempio per pubblicità, ricerca e sviluppo, partecipazione a fiere, etc.;
  • l’aumento dei costi che un intangible asset contribuisce a tenere sotto controllo. Ad esempio il venir meno di un patent potrebbe imporre lo sfruttamento di una diversa e più costosa tecnologia di produzione.

Una volta stimati i risultati per ciascuno dei due scenari, il valutatore può calcolare il valore dell’intangible asset:

  • mediante la differenza tra i flussi di cassa attualizzati (DCF) nello “with scenario” e nello “without scenario”;
  • mediante la differenza fra i valori dell’azienda nello “with scenario” e nello “without scenario”.

5.3 Excess Earnings Method

Lo “excess earnings method” stima il valore di un intangible asset come il valore attuale dei flussi di cassa attribuibile all’asset stesso, dopo aver escluso la porzione di flussi attribuibili ad altri assets suscettibili di generare liquidità (“contributory assets”). Secondo l’IVS 210, tale metodo “è spesso utilizzato quando è richiesto che un acquirente imputi il prezzo pagato separatamente ai tangible assets, agli intangible assets identificabili e all’avviamento”. La formula è la seguente:

Dal momento che la maggior parte degli intangibles ha una vita economica superiore all’anno, occorre fare riferimento al profitto di più esercizi. Di qui, la denominazione del criterio “multi- period excess earnings method” o “MPEEM”), che suppone benefici economici nella prospettiva di un medio-lungo termine.

Il metodo richiede pertanto la stima dei ricavi generati dall’intangible, dei correlati contributory asset charges e dei costi da sostenere per generare tali ricavi.

I contributory assets sono i beni utilizzati assieme all’asset intangibile per realizzare determinati flussi di cassa. Essi includono il capitale circolante, il CapEx, la forza lavoro e gli altri intangibles identificabili, differenti da quello oggetto di stima.

Successivamente il valutatore deve determinare un appropriato tasso di rendimento di ciascun contributory asset, considerando il rischio associato. Per ogni annualità, occorre poi sottrarre tale rendimento dal profitto atteso, al fine di determinare gli “utili in eccesso” (“excess earnings”) attribuibili esclusivamente all’asset oggetto di stima. Infine, attraverso un opportuno tasso di attualizzazione, viene calcolato il valore attuale, aggiungendo eventualmente il beneficio fiscale associato (TAB, tax amortisation benefit).

Il metodo in questione risulta spesso farraginoso nell’applicazione ed è soggetto ad un certo livello di aleatorietà non solo nella stima dei profitti, ma anche dei contributory asset charges e dei rendimenti/rischi ad essi associati.

5.4 Greenfield method

Secondo l’IVS 210, in base al greenfield method il valore di un intangible asset è determinato utilizzando una proiezione dei flussi di cassa, assumendo che l’unico asset presenta alla data di valutazione sia quello oggetto di stima. Tutti gli altri assets tangibili e intangibili devono essere acquistati, realizzati internamente o presi a leasing. La formula è la seguente:

Secondo l’IVS 210, il greenfield method è concettualmente simile all’excess earnings method. Tuttavia, invece di sottrarre i “contributory asset charges” dai risultati attesi, il greenfield method assume che il soggetto che detiene l’intangible debba acquistare o realizzare i “contributory assets”, facendo riferimento al costo che sarebbe necessario sostenere per rimpiazzarli con assets di utilità equivalente. La valutazione è basata sugli “expected cash flows” derivanti dal solo utilizzo dell’intangible asset.

Conclusioni

Nell’ambito della valutazione degli intangible assets, l’income approach rappresenta la metrica più diffusa, soprattutto per la relativa semplicità di utilizzo. Tra i metodi proposti dall’IVS 210, il relief-from-royalty method è probabilmente quello che trova più ampia applicazione, confermata – ad esempio – anche dalle recenti disposizioni normative aventi ad oggetto il “Patent Box” (D.M. del 28 novembre 2017 emesso dal MEF e dal MISE).

In ogni caso, a prescindere dal metodo, il valutatore non deve limitarsi ad un acritico calcolo dei risultati attesi, ma deve sforzarsi a contestualizzare quei numeri alla luce delle caratteristiche dell’asset, anche da un punto di vista dei contenuti (giuridici, tecnici, etc.) che ad esso sono propri. Talvolta una lettura corale dell’intangible da parte di soggetti dotati di un differente background, può essere utile a garantire un migliore inquadramento e, pertanto, una più puntuale valorizzazione.

Autore

Prof. Marco Fazzini
Ordinario di Economia Aziendale, Università Europea di Roma
Dottore commercialista e Revisore Legale
Keywords: valutazione d’azienda, valutazione degli intangibles, valutazione delle attività immateriali, IVS 210, royalty method, premium price, metodo delle royalties, IAS 38.