Di Enrico Holzmiller
La differenza tra stabile organizzazione e società esterovestita è nota agli addetti ai lavori: mentre la prima è una sede secondaria estera di società residente, l’esterovestizione identifica una società “autonoma”, formalmente residente all’estero ma da considerarsi italiana ai fini fiscali.
Se tuttavia la distinzione concettuale è chiara, nella pratica la distinzione tra le due fattispecie è più fluida. Ciò in quanto la presunzione di residenza in Italia di entrambe le fattispecie pone le basi sui analoghi concetti, espressi dall’art 73 tuir (recentemente innovato con il cd “decreto internazionalizzazione) con un occhio di riguardo anche alle disposizioni OCSE.
Sul fronte giurisprudenziale, una linea consolidata definisce la demarcazione tra le due fattispecie nell’esistenza o meno di un’effettiva attività, alla mancanza della quale viene attribuita natura abusiva e conseguentemente natura di esterovestizione. Vi sono tuttavia delle (rare) eccezioni: le ordinanze di Cassazione n. 11709 e 11710 del 2022 hanno identificato un caso di esterovestizione in assenza di fenomeni abusivi.
Sul punto è recentemente tornata la C.g.T. di secondo grado della Lombardia con la sentenza n. 2819/23 (Presidente e Relatore Lamanna) avente ad oggetto il caso di una società maltese, specializzata nella commercializzazione di prodotti energetici, con stabile organizzazione in Svizzera e rappresentanza fiscale ai fini IVA in Italia, alla quale l’Agenzia delle Entrate ha attribuito presuntivamente la natura di società esterovestita.
La posizione dell’Agenzia delle Entrate si è basata essenzialmente sull’inesistenza di un’attività reale in Svizzera (luogo in cui avrebbe dovuto avere sede la stabile organizzazione della società maltese). Tale assunto, supportato dal fatto che il socio-amministratore della società maltese è risultato essere residente in Italia, ha portato l’Ufficio ad attribuire residenza fiscale della società Maltese in Italia.
La società maltese, costituitasi in giudizio unitamente all’amministratore italiano, ha portato all’attenzione dei giudici lombardi varie prove atte a dimostrate l’effettivo insediamento della società in Svizzera, “come luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l’accentramento – nei rapporti interni e con i terzi – degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell’impulso dell’attività sociale” (Cassaz. 15424/21).
Le prove addotte dalla società a supporto dell’esistenza della stabile in Svizzera sono state le seguenti:
- un contratto di locazione in una città Svizzera;
- presenza in loco di personale;
- buste paga dalle quali si evince la corresponsione di salari per quattro dipendenti della succursale elvetica;
- estratti conto su istituti di credito Svizzeri, con accrediti degli importi pagati dai clienti;
- corrispondenza intercorsa tra una società svizzera incaricata della tenuta della contabilità e i dipendenti della branch svizzera;
- corrispondenza commerciale intercorsa tra i clienti della società ed i dipendenti che vi operavano;
- prove dell’esistenza, in loco, di un direttore con poteri di firma (parrebbero, dalla lettura della sentenza, limitati all’ordinaria amministrazione).
Sulla base di tali prove, la C.g.T. Lombardia arriva alla conclusione secondo cui sussiste una effettiva e concreta struttura in Svizzera, senza potersi giustificare quindi alcuna attrazione di residenza fiscale in Italia in qualità di società esterovestita, e ciò ancorchè l’amministratore-socio sia risultato residente nel nostro Paese.
Restiamo, come sempre, a Vostra disposizione per qualsiasi chiarimento e cogliamo l’occasione per porgere i nostri più cordiali saluti.
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