Di Enrico Holzmiller
Le Corti di Giustizia di Milano (I grado) e Lombardia (II grado) hanno recentemente affrontato a più riprese casi di asserita esterovestizione di società straniere aventi attività immobiliare in Italia.
Le sentenze, anche quelle più recenti, si riferiscono ovviamente al concetto di residenza fiscale esistente prima delle modifiche introdotte dal D.Lgs 209/2023.
E’ utile ricordare che, nella previgente formulazione dell’art 73 Tuir, la residenza fiscale era definita nello Stato in cui, per la maggior parte del periodo di imposta, sussisteva la sede legale oppure la sede dell’amministrazione od ancora l’oggetto principale.
Nei casi di sussistenza “alternativa” dei tre requisiti, la soluzione era da ricercarsi nell’articolo 4, paragrafo 3 del modello della Convenzione Internazionale Ocse, che al fine di dirimere casi ambigui rinviava al criterio PoEM (place of effective management). Il tutto, con un occhio alla specifica riserva voluta dall’Italia (paragrafo 25 delle osservazioni al citato articolo 4) che precisava, quale criterio rilevante, anche il “place where the main ad substantial activity of the entity is carried on”, ovvero il criterio dell’attività principale, con un occhio di riguardo all’attività “day by day” (“carried on”).
In questo contesto si muovono le recenti sentenze sulle società straniere aventi, quale attività prevalente, la detenzione di immobili in Italia.
Con la sentenza n. 1068/24 (Presidente e Relatore Ercolani) a fronte di una presunzione di esterovestizione di società con sede in UK in funzione di immobili presenti e locati in Italia (configurando così l’oggetto sociale in loco), la contribuente ha eccepito che gli amministratori nonché unici referenti decisionali (PoEM) erano residenti all’estero. I giudici, richiamando una precedente sentenza della stessa Corte (4232/23) hanno concluso a favore della ricorrente.
Nella Sentenza n. 622/24 (Presidente Biancospino, Relatore Fortunato) la Cgt Milano affronta il caso di una società lussemburghese avente due immobili in Italia. Dalla sentenza si rileva che detti immobili risultavano a disposizione ed utilizzati dal legale rappresentante della società. Sulla base delle motivazioni espresse dall’Ufficio, ed in assenza di valide motivazioni contrarie addotte dalla ricorrente, i giudici hanno concluso a favore dell’esterovestizione. Considerando la società Lux come residente in Italia, è risultata quindi corretta l’applicazione a quest’ultima delle disposizioni in tema di società di comodo.
In un contesto del tutto simile, i giudici della CgT Lombardia, con la sentenza n. 1149/2024 (Presidente Antonioli, Relatore Scarzella) non hanno ritenuto sufficiente, al fine di definire il PoEM, il fatto che la società Svizzera proprietaria degli immobili in Italia effettuasse bonifici per la manutenzione di questi ultimi, e ricevesse su conto corrente svizzero i proventi delle locazioni.
L’attuale formulazione di residenza fiscale cambierà la logica sottostante l’attribuzione della residenza per le società immobiliari? Il vigente art. 73 Tuir adotta sia il PoEM che il “day by day management”, con quest’ultimo criterio che appare, a parere di chi scrive, più dirimente rispetto al passato. Laddove quindi la gestione ordinaria degli immobili in Italia dovesse risultare effettuata all’estero, dovrebbe potersi concludere per una impossibilità di attrarre in Italia la residenza. Ovviamente, la questione dovrà essere valutata caso per caso.
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