Valutazione d'azienda

Il Terminal Value (valore finale) nel metodo DCF

Nell’ambito del Discounted Cash Flow (DCF) method il valore finale sintetizza i flussi di cassa a regime, ovvero i flussi che saranno prodotti dopo l’orizzonte temporale preso a riferimento per l’elaborazione del business plan. La determinazione di tale grandezza non è automatica e richiede una buona dose di sensibilità da parte del valutatore.

Indice: 1. Il Terminal Value2. Cash flow o EBIT?3. Il ruolo del Terminal Value

1. Il Terminal Value

I flussi di cassa prospettici (Expected Cash Flows) sono di due tipi:

  • i flussi attesi durante il periodo di previsione esplicita (solitamente da tre a cinque anni);
  • i flussi attesi durante oltre il periodo di previsione esplicita, dal momento che l’impresa “non termina” nell’ultimo anno previsto nel business plan, ma auspicabilmente proseguirà anche negli anni successivi.

Ciò significa che per gli Expected Cash Flows relativi al futuro più prossimo, è richiesto di fornire una rappresentazione dettagliata anno per anno. Per quelli relativi a un futuro più remoto, non essendo il valutatore in possesso di una sfera di cristallo, è sufficiente individuare un cash flow sintetico, o Terminal Value (valore finale).

Secondo l’IVS 105, il Terminal Value dovrebbe considerare:

(a) se l’attività è di natura finita o indefinita;

(b) se esiste un potenziale di crescita futura dell’attività oltre il periodo di previsione esplicita;

(c) se è stimato un ammontare di capitale fisso predeterminato che ci si aspetta di ricevere alla fine dell’esercizio di previsione esplicita;

(d) il livello di rischio atteso dell’attività al momento del calcolo del valore finale;

(e) per le attività cicliche, modalità atte a contenere gli effetti “di picco” o “minimi”;

(f) previsioni circa il tax rate oltre l’orizzonte di previsione esplicita.

Convenzionalmente il Terminal Value è calcolato attraverso la formula della rendita illimitata:

dove:

Cash Flowt+x   = flussi attesi durante oltre il periodo di previsione esplicita

i                       = tasso di attualizzazione

g                      = tasso di crescita (growth rate)

Esaminiamo ciascuna componente.

Il Cash Flowt+1 indica un risultato che l’impresa potrebbe conseguire stabilmente nel futuro. Tale risultato teoricamente può essere stimato in diversi modi.

Concretamente le soluzioni possibili sono le seguenti:

  • se i cash flows contenuti nel business plan sono coerenti e omogenei con i risultati storici, è possibile utilizzare il cash flow dell’ultimo anno del business plan come base di calcolo;
  • se i cash flows contenuti nel business plan non sono omogenei con i risultati storici, è preferibile utilizzare una media semplice o ponderata degli stessi.

Ad esempio, ipotizziamo due serie di Expected Cash Flows su un orizzonte temporale di 4 anni: la prima serie prevede una crescita dei Cash Flows conservativa (da 100 euro a 130 euro), mentre la seconda serie prevede una crescita rapida (da 100 euro a 230 euro).

t+1t+2t+3t+4Dev.St.
Expected Cash Flows (Serie 1)10011012013012.91
Expected Cash Flows (Serie 2)10014019023056.86

Per ciascuna serie è calcolata la deviazione standard (Dev.St.), al fine di quantificare la dispersione di entrambi gli insiemi. Una ridotta deviazione standard (serie 1) indica che i dati tendono ad essere vicini alla media (chiamata anche valore atteso) dell’insieme, mentre una deviazione standard elevata (serie 2) indica che i dati sono distribuiti in modo più disperso e, dunque, meno omogeneo.

Poiché la deviazione standard della Serie 1 è relativamente bassa e indica una modesta dispersione rispetto alla media, il Terminal Value può essere calcolato utilizzando il cash flow dell’ultimo anno (t+4), ritenendolo rappresentativo di uno valore stabile nel tempo.

La deviazione standard della Serie 2 indica una maggiore dispersione rispetto alla media. Pertanto, se fosse utilizzato il cash flow dell’ultimo anno, il Terminal Value sarebbe basato sull’importo più elevato e più lontano nel tempo; tale Terminal Value rischierebbe di essere poco rappresentativo di uno valore stabile. In questo caso è preferibile calcolare il Terminal Value attraverso una media aritmetica o ponderata degli Expected Cash Flows.

Facendo riferimento ai valori della Serie 2:

  • la media aritmetica è pari a 165 euro.
  • la media ponderata può essere calcolata assegnando un peso maggiore all’Expected Cash Flow più vicino nel tempo (t+1), ad esempio 4, e un peso minore all’Expected Cash Flow più vicino nel tempo (t+1), ad esempio 1:

All’interno del range 143 euro-165 euro il valutatore può individuare l’ammontare dello Cash Flow stabilizzato che ritiene più rappresentativo e più idoneo a interpretare il valore dell’impresa.

Il tasso di attualizzazione (i) serve a attualizzare il cash flow secondo la formula della rendita perpetua. Il Free Cash Flow (FCF), secondo l’Asset side approach, è attualizzato con il WACC. Il Free Cash Flow to Equity (FCFE), secondo l’Equity side approach, è attualizzato con il CAPM:

Infine, il tasso di crescita (g) è utilizzato come correttivo al Discount Rate, al fine di considerare le prospettive di crescita del business. Alcuni autori, tra cui Damodaran, calcolano il growth rate alla seguente maniera:

Sostanzialmente il tasso di crescita è commisurato all’esigenza di un’impresa di effettuare gli investimenti necessari per mantenere un vantaggio competitivo. Gli Expected Cash Flows, in altre parole, devono almeno consentire di mantenere un livello adeguato di investimenti.

Ciò premesso, la mia opinione personale sul tasso di crescita è: maneggiare con cura!

Il limite del metodo DCF è che il valore dell’azienda dipende in larga misura dal Terminal Value. Ebbene, il tasso di crescita rende il valore dell’azienda ancora più dipendente dal Terminal Value.

Ad esempio, ipotizziamo i seguenti valori: Free Cash Flow5° anno = 100 euro; WACC = 7%; g = 3%.

Il Terminal Value senza il tasso di crescita è il seguente:

Il Terminal Value con il tasso di crescita è il seguente:

In questo secondo caso, il Terminal Value si incrementa del 75% per l’effetto del solo tasso di crescita.

Damodaran ha introdotto anche modelli di crescita a due/tre stadi, al fine prevedere percorsi di crescita differenti da quello della crescita stabile (modello di Gordon), ma ciò rischia di alimentare ulteriormente l’aleatorietà del risultato.

Il metodo DCF contiene già una componente di incertezza, dal momento che si basa sugli Expected Cash Flows. Un tasso di crescita non fa che aumentare l’incertezza, perché, incrementando il “peso” del Terminal Value, affida a una formula sintetica la maggior parte del valore dell’azienda e rende ancora più aleatorio il risultato.

Un tasso di crescita è accettabile per le large-cap companies perché, grazie ha un portafoglio di investimenti diversificato e alla grande dimensione, nel lungo periodo possono crescere a un ritmo stabile. Nelle imprese di piccola dimensione una tale circostanza è irrealistica, tanto più che il modello, già di per sé, prevede una crescita perpetua.

2. Cash Flow o EBIT?

Talvolta l’EBIT può essere utilizzato come alternativa al Cash Flow per il calcolo del Terminal Value.

L’EBIT, rispetto al cash flow, è più facilmente prevedibile, in quanto è più stabile nel corso del tempo. L’EBIT, infatti, non è influenzato dal capitale circolante netto, dalle politiche di investimento e disinvestimento e dalle politiche finanziarie.

Ad esempio un peggioramento della durata del ciclo commerciale influisce direttamente sul Cash Flow; a parità di ricavi e costi operativi, tale circostanza è invece del tutto ininfluente sull’EBIT.

Allo stesso modo, un investimento influisce integralmente sul cash flow, ma solo in misura pari alla rata di ammortamento sull’EBIT. Ad esempio, l’acquisto di un impianto per 1.000 euro nel rendiconto finanziario rappresenta un outflow di 1.000 euro. Ipotizzando che tale impianto sia ammortizzato in 10 anni, l’impatto sull’EBIT è di soli 100 euro (cioè 1.000 euro / 10 anni).

Infine, anche il rimborso di un prestito e l’accensione di un finanziamento influiscono sul cash flow, ma non sull’EBIT.

Di seguito è riportato, a titolo di esempio, un tipico trend del cash flow e dell’EBIT.

t+1t+2t+3t+4t+5
Cash Flows12090180125200
EBIT110140150165180

Come è semplice verificare anche dal grafico, la crescita dei Cash Flows è più volatile della crescita degli EBIT, pur seguendo entrambi lo stesso trend.

La scelta di utilizzare il cash flow o l’EBIT come base per il calcolo della Terminal Value è a discrezione del valutatore, il quale deve individuare la misura di performance che interpreta meglio il valore stabilizzato dell’impresa.

3. Il ruolo del Terminal Value

Come si è detto, uno dei limiti principali del metodo DCF è rappresentato dal peso che il Terminal Value assume rispetto al valore dell’azienda.

In tutti i libri sulla business valuation è posta una grande enfasi sulla necessità di elaborare un business plan attendibile relativamente al periodo di previsione esplicita (solitamente pari, si è detto, a 3/5 anni). Ciononostante, è lasciato a una misura sintetica come il Terminal Value il compito di determinare la parte più significativa del valore dell’azienda.

Vari studi dimostrano che, nel metodo DCF, il Terminal Value rappresenta tra il 60% e il 90% del valore dell’azienda. Ciò significa che la maggior parte di tale valore è affidata a un Expected Cash Flow calcolato attraverso la formula della rendita illimitata.

Ad esempio, ipotizziamo che gli Expected Cash Flows siano quelli in tabella. Inoltre: WACC = 7%; g = 3%; Debito = 500 euro. Procediamo a calcolare il valore complessivo con e senza il tasso di crescita, considerando il Terminal Value pari al cash flow di t+4.

t+1t+2t+3t+4
Free Cash Flows100110120130

Anzitutto è calcolato il Terminal Value con e senza il tasso di crescita:

Di seguito è calcolato il valore dell’azienda senza growth rate.

WACC7%    
      
t+1t+2t+3t+4TV
Free Cash Flows1001101201301.857,14
Discounted Cash Flows93,4696,0897,9699,181.416,81
Valore asset-side1.803,47    
Debito(500)    
Valore dell’azienda1.303,47    
TV / Valore asset-side78.56%    

Di seguito è calcolato il valore dell’azienda considerando il growth rate.

WACC7%    
g3%    
      
t+1t+2t+3t+4TV
Free Cash Flows1001101201303.250,00
Discounted Cash Flows93,4696,0897,9699,182.479,41
Valore asset-side2.866,08    
Debito(500)    
Valore dell’azienda2.366,08    
TV / Valore asset-side86.51%    

Da questo semplice esempio possiamo trarre alcune conclusioni:

  • la maggior parte del valore dell’azienda è affidato al Terminal Value: il 78.56% senza tasso di crescita e il 86.51% con il tasso di crescita;
  • nel caso in cui il business plan avesse previsto Expected Cash Flows per tre anni invece che per quattro, il Terminal Value avrebbe assunto un peso ancora maggiore;
  • il valore dell’azienda, considerando un tasso di crescita del 3% (2.266,08 euro), è dell’81.50% superiore al valore dell’azienda senza tasso di crescita (1.303,47 euro).

Bastano queste tre semplici osservazioni per comprendere che il valore dell’azienda è soggetto a una elevata aleatorietà, a seconda dei parametri utilizzati. Teoricamente entrambi i valori sono plausibili, dal momento che il metodo DCF è stato sviluppato in aderenza al modello teorico di riferimento.

L’individuazione del valore più adeguato, pertanto, non è data dalla formula, ma dal valutatore.

Autore

Prof. Marco Fazzini
Ordinario di Economia Aziendale, Università Europea di Roma
Dottore commercialista e Revisore Legale
Keywords: valutazione d’azienda, metodo DCF, tasso di attualizzazione, rischio, WACC, CAPM, terminal value, valore finale.