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Il piano di risanamento attestato: uno strumento rapido ed efficace per affrontare la crisi finanziaria dell’impresa

In una situazione di crisi finanziaria ed economica come quella ci attende è necessario che l’imprenditore reagisca con la massima tempestività. Il piano di risanamento attestato ex art. 67 comma 3 lett. d) della legge fallimentare può essere lo strumento giusto al momento giusto. Dopo aver tratteggiato gli elementi fondanti dell’istituto si esamina la struttura della manovra finanziaria,  chiave di volta per il successo dell’operazione.

1° giugno 2020

In un periodo in cui l’emergenza sanitaria legata al COVID-19 sta lasciando il posto ad una crisi economico-finanziaria è quanto mai opportuno che l’imprenditore, coadiuvato dai propri professionisti, valuti tempestivamente quali sono gli strumenti che il legislatore gli offre per mettere in sicurezza la propria impresa garantendone la sopravvivenza.

Evidentemente, al fine di valutare quale sia la soluzione migliore sono molteplici le variabili da prendere in considerazione, quali la natura del core business, l’assetto organizzativo dell’impresa, la struttura finanziaria e la natura dell’indebitamento, la capacità della proprietà di sostenere anche con mezzi propri la società, etc.

In una situazione in cui la crisi dell’impresa, anche in conseguenza della pandemia che sta mettendo in ginocchio la gran parte delle economie mondiali, non rivesta ancora il carattere dell’irreversibilità, conservando la società la bontà dei propri fondamentali,  merita  particolare attenzione il piano di risanamento attestato previsto dall’articolo 67 comma 3 lett. d) della legge fallimentare.

La norma ora richiamata consente di predisporre un piano di risanamento dell’esposizione debitoria diretto a garantire il riequilibrio della situazione finanziaria dell’impresa. Tale piano, ove risulti idoneo a raggiungere dette finalità – e in tal senso è richiesta l’attestazione di un esperto[1] in ordine alla veridicità dei dati contabili assunti a base del piano ed alla fattibilità dello stesso – assume una specifica rilevanza giuridica. Infatti, in caso di insuccesso del piano medesimo, e quindi successivo fallimento della società,  gli atti ed i pagamenti compiuti in sua esecuzione sono esenti sia da revocatoria fallimentare che dalle imputazione di bancarotta preferenziale e di bancarotta semplice, ai sensi dell’art. 217-bis della legge fallimentare.

In altre parole, la legge fallimentare non definisce in positivo che cosa sia il piano di risanamento, ma si limita a disciplinarne gli effetti protettivi che esso è destinato a dispiegare nell’ipotesi di successiva dichiarazione di fallimento.

Il piano  ex art. 67 comma 3 lett. d) potrebbe essere definito come una programmazione di interventi strategici ed operativi da parte del debitore, finalizzati al superamento della crisi.

Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, la cui entrata in vigore è stata differita al 1° settembre 2021, ha per la prima volta disciplinato in modo positivo, all’articolo 56 CCII, gli accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento, lasciando immutate le agevolazioni proprie dell’istituto (ovvero l’esenzione da revocatoria e la causa di non punibilità nei reati fallimentari).

Nonostante, in linea teorica, il piano di risanamento attestato possa configurarsi come un atto unilaterale (e quindi senza il coinvolgimento del ceto creditorio), è improbabile che esso possa condurre a un risanamento aziendale e ad un riequilibrio finanziario senza che sia frutto di un accordo con i creditori o con una parte di essi, sovente rappresentati dai creditori finanziari.

Sotto un profilo operativo i “Principi per la redazione dei piani di risanamento”, approvati nel 2017 dal CNDCEC, forniscono utili indicazioni circa i contenuti e la forma del piano, nonché in ordine al ruolo del professionista incaricato di attestare il piano medesimo.

In particolare, secondo i citati Principi, un piano di risanamento deve essere:

  • tempestivo, in relazione alla gravità della crisi che ha colpito la società;
  • sistematico, descrivendo la situazione attuale e quella obiettivo al termine del piano, con riferimento all’azienda nel suo complesso;
  • coerente, basandosi su un sistema di ipotesi logicamente connesse che mettono in relazione le variabili tecnico-operative con quelle economiche, finanziarie e patrimoniali;
  • attendibile, dovendo essere ragionevole e dimostrabile l’andamento ipotizzato delle variabili considerate.

Le domande a cui un Piano deve essere idoneo a fornire risposta possono essere così riassunte:

  1. quali sono gli obiettivi strategici?
  2. quali azioni possono essere intraprese per raggiungere tali obiettivi?
  3. quali risorse sono necessarie e come possono essere acquisite?
  4. che impatto avranno tali azioni sui fondamentali della società?
  5. quali potrebbero essere scenari alternativi a quelli ipotizzati e quale livello di stress può sopportare il piano?

Per fornire adeguate risposte a tali interrogativi il piano attestato dovrà conseguentemente illustrare:

  1. la strategia di risanamento atta a ripristinare un equilibrio economico e finanziario;
  2. l’action plan, con l’indicazione delle azioni da intraprendere per dare esecuzione alle strategie e il relativo impatto sui numeri della gestione;
  3. la manovra finanziaria, ovvero la determinazione del fabbisogno finanziario e l’individuazione delle modalità di copertura;
  4. i valori prospettici, attraverso la predisposizione di un business plan occorrerà valutare la ricaduta delle azioni previste sulle Key Value Drivers;
  5. l’analisi della sensitività, con l’obiettivo di stimare l’impatto sui Key Value Drivers di scenari alternativi a quelli ipotizzati, evidenziando le conseguenze più pessimistiche (worst case).

E’ possibile analizzare, senza pretesa di esaustività, quella che rappresenta sicuramente la parte più delicata e decisiva per il successo di un piano di risanamento, ovvero la manovra finanziaria.

La manovra finanziaria deve essere in grado di riportare l’indebitamento a livelli sostenibili e riequilibrare in modo stabile la situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società.

Come accennato in precedenza, uno dei principi cardine per la redazione di un piano di risanamento è la tempestività: al fine di incrementare le possibilità di successo è necessario agire con la massima celerità.

Tuttavia può sovente accadere che, nelle more della definizione del Piano, ci si trovi ad affrontare una carenza di liquidità a breve termine che potrebbe provocare il rallentamento o l’arresto delle attività, con il rischio di dissolvere le possibilità di un turnaround già prima di avviare il processo.

Per fronteggiare tali situazioni è utile confrontarsi con i creditori (frequentemente il ceto bancario) per raggiungere un accordo di standstill o di moratoria, con lo scopo di sospendere alcuni pagamenti scaduti e assicurare ossigeno finanziario necessario alla predisposizione e perfezionamento del piano.

Qualora la moratoria non fosse sufficiente a garantire la finanza necessaria, può essere opportuno chiedere agli istituti di credito liquidità aggiuntiva, la cui erogazione, in presenza di una situazione di crisi finanziaria del soggetto richiedente, passa attraverso un vaglio critico abbastanza articolato.

La manovra finanziaria, superata la prima fase “emergenziale”, deve essere elaborata prevedendo interventi in grado di stabilizzare i flussi di cassa, rendendoli coerenti con le attività della società e con gli sviluppi previsti dal piano e descritti nell’ action plan.

Nella consapevolezza del fatto che varie sono le soluzioni che possono essere valutate dall’imprenditore insieme ai propri advisors, i rimedi che prevalentemente vengono utilizzati in questa seconda fase sono i seguenti:

  • la concessione di un periodo di moratoria per il rimborso delle rate dei finanziamenti;
  • il rescheduling dei finanziamenti a medio e lungo termine;
  • il consolidamento del debito, ovvero la trasformazione di passività di breve periodo in debiti a medio/lungo termine,
  • stralcio parziale del debito (soluzione questa, nella prassi, di non agevole realizzazione)

La seconda fase della manovra, solitamente, è funzionale ad assicurare il ripristino delle condizioni di efficienza fisiologiche, nella prospettiva di poter eventualmente avviare una terza fase, che ha ad oggetto le azioni finanziarie finalizzate al sostegno del piano industriale.

Grazie al ripristino delle condizioni fisiologiche, una società dovrebbe essere in grado di produrre cash inflows superiori ai cash outflows, tali da permettere sia il progressivo rimborso del debito che è stato oggetto di rimodulazione (nella prima e nella seconda fase), che un minimo di autofinanziamento per sostenere il piano industriale.

Laddove ne ricorrano le condizioni, in questa terza fase gli istituti di credito possono deliberare l’erogazione di nuova finanza.

In generale, quanto più un’impresa dà evidenza di aver elaborato un piano coerente ed efficace, tanto più le banche sono messe in condizione di mettere a disposizione liquidità aggiuntiva per sostenere il turnaround.

In tema di erogazione finanza è opportuno ricordare che l’art. 13, comma 1, lett. g) del D.L. 23/2020, c.d. Decreto Liquidità (che dovrà essere convertito entro il prossimo 7 giugno), ha previsto la possibilità per le imprese che, in data successiva al 31 dicembre 2019, hanno presentato un piano di risanamento attestato ex art. 67, comma 3, lett. d) di accedere alle garanzie rilasciate fino al 31 dicembre 2020 dal Fondo Centrale Garanzia per le PMI in caso di nuovi finanziamenti concessi dagli Istituti di Credito, ovvero in caso di rinegoziazioni di debiti preesistenti purché il nuovo finanziamento preveda l’erogazione al medesimo soggetto beneficiario di credito aggiuntivo in misura pari ad almeno il 10%  del debito residuo oggetto di rinegoziazione.

La garanzia statale è concessa a condizione che, alla data del 9 aprile 2020, le esposizioni del richiedente non siano più in una situazione che ne determinerebbe la classificazione come esposizioni deteriorate, e quest’ultimo non presenti importi in arretrato successivi all’applicazione delle misure di concessione e la banca, sulla base dell’analisi della situazione finanziaria del debitore, possa ragionevolmente presumere il rimborso integrale dell’esposizione alla scadenza, ai sensi dell’articolo 47-bis, comma 6, lettere a) e c) del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013.

Ai fini dell’ammissione alla garanzia non è necessario che sia trascorso un anno dalla data in cui sono state accordate le misure di concessione o, se posteriore, dalla data in cui le esposizioni sono state classificate come esposizioni deteriorate, ai sensi dell’art 47-bis, comma 6, lettera b) del Regolamento 575/2013.

Sono, in ogni caso, escluse le imprese che presentano esposizioni classificate come “sofferenze” ai sensi della disciplina bancaria.

Frequentemente la disponibilità di nuova finanza va di pari passo con un impegno analogo manifestato da parte della proprietà. La quarta fase, solitamente concomitante alla seconda o alla terza, può prevedere una ricapitalizzazione della società da parte di soci o terzi.

Infine (quinta fase), la manovra finanziaria, qualora si verifichino situazioni di over perfomance (maggiore Ebitda, plusvalenze superiori allo stimato, ecc.), potrebbe prevedere clausole di cash sweep.

Infine, nella costruzione della manovra finanziaria è consigliabile agire con prudenza, prevedendo un margine di cassa, un “cuscinetto”, che assicuri la stabilità del piano anche in caso di scostamenti fisiologici rispetto alle previsioni puntuali, nei limiti in cui, ovviamente, tali scostamenti non compromettano la generale tenuta del piano stesso.

[1] Iscritto nel Registro dei Revisori legali ed in possesso dei requisiti di cui all’articolo 28 lettere a) e b) della Legge Fallimentare.

Autore

Dott. Valerio Pandolfi
Dottore Commercialista
Revisore Legale
Keywords: piano di risanamento, turnaround management, business plan, manovra finanziaria, COVID-19, DL Liquidità, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.