Indice: 1. Premessa – 2. Il metodo dei multipli – 3. Il campione nei multipli di borsa – 4. Il campione nelle transazioni comparabili – 5. Il trattamento dei dati del campione
1. Premessa
Nell’applicazione del metodo dei moltiplicatori, la selezione di un campione idoneo costituisce un passaggio imprescindibile, dal momento che i valori espressi dai comparables devono essere quanto più possibile confrontabili con quelli dell’impresa target. Il ragionamento è di tipo analogico; se le società selezionate possiedono caratteristiche omogenee a quelle delle società target, si possono ipotizzare analoghe relazioni di valore.
La quantità di imprese o di transazioni che compongono un campione non è determinabile a priori. Occorre dunque accertare la comparabilità, utilizzando come parametri di riferimento alcuni fattori significativi, quali il settore, la dimensione, il posizionamento strategico, il livello di indebitamento, il sistema di governance, il regime fiscale, ecc.
Come osservato dai Principi Italiani di Valutazione (PIV) statuiti dall’Organismo Italiano di Valutazione (OIV) “la razionalità dei prezzi, espressi in un mercato ordinato, è condizione essenziale per le valutazioni analogiche. Essa assicura, da un lato, la corrispondenza fra prezzi fatti e prezzi fattibili; dall’altro la possibilità di cogliere il paradigma valutativo che, attraverso i prezzi, il mercato implicitamente esprime” (§ III.1.38).
Con il presente contributo è fornita una value map orientata proprio alla selezione del campione di riferimento, nella prospettiva di contenere il grado di aleatorietà nell’applicazione del metodo dei multipli.
2. Il metodo dei multipli
Il metodo dei multipli è un criterio empirico di determinazione del valore che si basa sull’esame di entità con caratteristiche simili. In particolare, esistono due tipologie di multipli: quelli di borsa e quelli dedotti da transazioni comparabili.
Nei primi, al numeratore sono inseriti i prezzi di borsa di un campione di aziende similari (comparable companies); nella seconda tipologia di multiplo, a figurare al numeratore sono i prezzi registrati in transazioni simili (comparable transactions).
Secondo i PIV “i multipli costruiti nel primo modo sono molto più affidabili, derivando da dati ufficiali. Inoltre si riferiscono a operazioni omogenee: i contratti di Borsa. I prezzi derivanti da negoziazioni confrontabili sono spesso eterogenei per natura, condizioni e tempi di rilevazione. Pongono inoltre il problema del passaggio dal prezzo della quota di capitale negoziata al presumibile prezzo dell’intera azienda. Sotto il profilo del contenuto informativo, va inoltre ricordata la differente attitudine delle due fonti a catturare i premi di liquidità (nel primo caso) ed i premi per il controllo (secondo caso)” (§ III.1.38).
In entrambi i casi, il metodo di valutazione si fonda su due assunti:
- esistono parametri di performance che possiedono una relazione di diretta proporzionalità con il valore di un’impresa;
- tale correlazione tende a essere omogena tra imprese appartenenti allo stesso settore e che sono comparabili in termini di dimensione, profitability, Debt-to equity ratio e altri parametri rilevanti:
- selezionando adeguatamente un peer group di società comparabili per le quali è conosciuto l’Enterprise Value, è possibile individuare una costante (ovvero un multiplo) tra l’Enterprise Value (EV) e una perfomance measure: In pratica:
- tale costante (o multiplo) può essere applicata alla società oggetto di stima (target):
Ad esempio, se un peer group presenta il seguente multiple:
il valore della società target è pari a:
In pratica, per calcolare l’Enterprise Value della società target occorre moltiplicare il multiplo di mercato (7) per l’EBITDA della società target, sul presupposto che la correlazione tra EV e EBITDA sia la stessa del peer group.
Nel metodo delle società comparabili, il multiplo è calcolato sulla base del valore di mercato di società quotate similari. Nel metodo delle transazioni comparabili, il multiplo è calcolato sulla base dei prezzi registrati in operazioni aventi ad oggetto realtà affini.
In virtù delle grandezze utilizzate, possono essere applicate più tipologie di moltiplicatori. In particolare, si distinguono:
- multipli equity side, mediante i quali si perviene alla diretta stima del patrimonio netto aziendale. Tale approccio, detto levered in quanto al netto della struttura finanziaria, richiede al numeratore una misura espressiva del valore azionario o delle quote di capitale sociale;
- i multipli asset side, ispirati ad un approccio unlevered, al numeratore presentano invece l’enterprise value. Conseguentemente, il valore è determinato sottraendo dall’importo individuato l’ammontare della posizione finanziaria netta.
L’applicazione del metodo dei multipli si articola nelle seguenti fasi:
- selezione del campione;
- scelta del multiplo;
- correzioni al multiplo;
- scelta tra le opzioni applicative del metodo.
La selezione del campione costituisce l’atto prodromico all’intero processo valutativo ed è evidente che la scelta di un panel attendibile influisce positivamente sul risultato della valutazione.
3. Il campione nei multipli di borsa
Nel caso di applicazione del metodo dei multipli di borsa, la scelta del campione richiede l’esame di più variabili, alcune di carattere quantitativo, altre di natura qualitativa. Premesso che i criteri applicabili sono i più vari, a seconda delle caratteristiche del business e della società, si propone di seguito una logica selettiva basata su un set di parametri ritenuti maggiormente significativi:
- settore;
- ambito territoriale;
- posizionamento strategico;
- appartenenza a un gruppo;
- maturity;
- periodo temporale di riferimento;
- dimensione, misure di performance, livello di indebitamento;
- regime fiscale.
La prima verifica riguarda il settore di appartenenza, dal momento che è logico supporre che chi opera nello stesso comparto presenti un rischio operativo sostanzialmente analogo. Talvolta l’inquadramento di un’impresa in uno specifico ambito è reso complesso dalla trasversalità di taluni business, che non sempre si prestano ad essere classificati secondo i tradizionali modelli interpretativi.
I confini tra i settori, in taluni casi, non sono del tutto netti, ma tendono ad assumere sfumature che occorre tenere presenti nell’elaborazione del campione. Ad esempio, non è infrequente che le società “del lusso” siano raccolte in un comparto trasversale che accoglie imprese del mondo della moda, dei gioielli, dell’automotive, etc., sul presupposto che l’omogeneità sia assicurata non tanto dall’output, quanto dal target di clientela.
In linea generale, la maggiore o minore rappresentatività del campione è legata anche all’estensione dell’ambito territoriale a cui si vuole fare riferimento. Vi sono business che su base nazionale presentano un modesto numero di comparables, soprattutto in un Paese come l’Italia che può contare su un contenuto numero di quotate. Per questa ragione, se le caratteristiche della società lo consentono, è consigliabile fare riferimento a un contesto geografico più ampio, che includa un più elevato numero di imprese e, conseguentemente, un più ampio termine di confronto. Le opzioni sono molteplici, a seconda della prospettiva di analisi che si intende assumere: Europa occidentale, Europa, Europa e Stati Uniti, paesi del G8, paesi del G20, etc. Naturalmente non è sensato un campione basato su aree che presentano difformità dal punto di vista legislativo, macroeconomico e di mercato (ad esempio India e Cina). Stanti i recenti sviluppi conseguenti alla Brexit, è da chiedersi se, in prospettiva, le imprese britanniche possano essere comprese o meno in un panel di imprese europee.
Un altro aspetto da considerare riguarda le caratteristiche delle società del campione, con specifico riferimento al posizionamento strategico e competitivo.
Il posizionamento strategico è un parametro complesso da esaminare, in quanto non esistono grandezze che, in astratto, sono atte ad esprimerlo in termini quantitativi. In generale, si devono confrontare clienti e fornitori, il giro di affari, i mercati di approvvigionamento e di sbocco, le caratteristiche produttive, i canali distributivi, ecc., ovviamente a patto che tali informazioni siano disponibili e facilmente accessibili.
Per quanto le società di un medesimo ambito rispondano a logiche analoghe, non necessariamente tutti gli operatori presentano le medesime caratteristiche. Ad esempio, dovendo valutare una PMI del comparto alimentare, avrebbe ben poco senso utilizzare i multipli di Nestlé, Unilever o The Kraft Heinz Company, che rappresentano le società con una più elevata capitalizzazione di mercato e con una operatività globale. Sarebbe infatti più opportuno identificare società che presentano un giro di affari e un ambito operativo più omogenei rispetto a quelli della società target, così da riflettere un analogo profilo di rischio.
Un approfondimento utile consiste nel verificare se i comparables appartengano o meno a un gruppo e, nel caso, accertare la sussistenza di sinergie che influiscono sul valore. Ad esempio, una subsidiary che opera secondo una logica di diversificazione correlata nell’ambito di un gruppo può contare su economie di scala, di scopo e di esperienza in grado di produrre un quid pluris rispetto ad un’impresa gestita in una prospettiva stand alone. Tali benefici, che si trasferiscono in parte sulla capitalizzazione e in parte sui dati di bilancio, sono difficili da circoscrivere e da depurare; in tali circostanze, sarebbe opportuno escludere dal panel società i cui valori potrebbero essere significativamente influenzati dall’appartenenza a un gruppo.
Un altro elemento da ponderare riguarda la mauturity del campione. Le imprese in start-up, soprattutto nei settori a maggiore crescita, possono presentare multipli estremamente volatili, per i quali è complesso identificare un trend anche a livello temporale. Ad esempio, il P/E di Facebook è stato di 50,5x nel 2011, 106,3x nel 2013, 84,2x nel 2015, 40,0x nel 2017, 31,2x nel 2019. Per meglio comprendere la volatilità del titolo, soprattutto nel 2012, anno dell’IPO, basti pensare che a fronte di un offering price di 38 USD per azione, nei primi due mesi il titolo è sceso a 20 USD per azione, per assestarsi poi a 68 USD per azione nell’arco dei due anni successivi.
Nello stesso arco temporale, il P/E di Alphabet (Google), società caratterizzata da una maggiore maturity, pur appartenendo latu sensu allo stesso business, è stato di 18,9x nel 2011, 30,8x nel 2013, 29,7x nel 2015, 34,26x nel 2017, 24,05x nel 2019.
Naturalmente a rendere non omogeni i P/E possono aver influito ulteriori fattori, ma la maturity costituisce un parametro da non sottovalutare, soprattutto in ambiti legati a rapidi mutamenti tecnologici.
Inoltre occorre che i moltiplicatori siano riferiti al medesimo periodo temporale per il quale è richiesta la valutazione della società target. Solitamente la scelta avviene tra multipli storici, qualora si faccia riferimento a valori derivanti da performances passate, e multipli leading, quando sono invece presi a riferimento i risultati attesi. In presenza di operazioni di turnaround per le quali sussistono buone possibilità di riuscita o di una significativa discontinuità rispetto al passato, è preferibile avvalersi di risultati prospettici.
Nel caso in cui si utilizzino multipli storici, occorre tenere conto della volatilità dei mercati, che può influire sul corso dei titoli e, di conseguenza, sulle determinanti del valore. In presenza di andamenti sufficientemente stabili, è possibile utilizzare un campione contenente multipli riferiti a 12, 6, 3 mesi antecedenti alla data di riferimento della valutazione; in presenza di fluttuazioni marcate, è invece opportuno servirsi di multipli riferibili ad una data temporalmente più prossima, in quanto nel breve periodo i valori tendono ad assumere una maggiore omogeneità.
Qualora siano impiegati multipli leading, è necessario avvalersi di report di analisti che siano “specialist” delle società che fanno parte del panel e che abbiano maturato un’adeguata conoscenza del business e delle dinamiche del valore che sono ad esso sottostanti. Secondo i PIV “in presenza di mercati perturbati, talora gli esperti fanno riferimento, anziché ai prezzi fatti, ai target price cosiddetti ‘di consenso’; cioè ai valori centrali delle stime fornite dagli analisti. Ciò tuttavia non garantisce che quelle stime riescano ad anticipare l’auspicato recupero della razionalità da parte del mercato. Inoltre i target price possono anticipare condizioni future che non sono coerenti con la valutazione dell’azienda alla data di riferimento della valutazione” (§ III.1.38).
Anche la dimensione può costituire un elemento discriminante nella selezione delle società comparabili, in quanto essa si riflette su vari fattori, quali la struttura dei costi, le politiche commerciali, la possibilità di accesso al credito, ecc. Alle società di maggiore dimensione (in termini di ricavi, di investimenti, di personale, ecc.) è solitamente riconosciuto, a parità di altre condizioni, un differenziale di prezzo più elevato che incide sull’importo del multiplo.
Nell’ambito della dimensione influiscono quelle misure direttamente utilizzate per la composizione dei multipli, quali i ricavi, l’Ebitda, l’Ebit, il risultato di esercizio, il cash flow operativo, etc. A questo riguardo è opportuno considerare anche l’impatto del sistema contabile adottato. L’utilizzo degli IFRS, ad esempio, influisce sul livello di marginalità operativa per un diverso trattamento di alcune poste contabili.
Il livello di indebitamento, ovvero la struttura finanziaria, rappresenta un ulteriore fattore rilevante nella cernita delle aziende comparabili, poiché un analogo rapporto D/E sottintende una politica finanziaria similare e, quindi, un sistema di rischi relativamente omogeneo. Il tema è particolarmente complesso per le società target che presentano una situazione di criticità finanziaria. Osservano correttamente i PIV che “un’impresa distressed non può essere valutata, senza speciali accorgimenti, in base ai moltiplicatori di società non sottoposte a tensioni finanziarie. Allo stesso modo non si possono calcolare moltiplicatori affidabili facendo riferimento a società quotate per le quali il valore di mercato del debito è da ritenersi significativamente inferiore al valore contabile” (§ III.1.38).
Proprio a questo riguardo, talvolta può essere sensato elaborare un panel di società che tenga conto anche delle classi di rating. Infatti, una società che si trova in una fase di turnaround gestionale non può essere confrontata con le “best-in-class” del suo settore, dal momento che può presentare una diversa evoluzione delle dinamiche economico-finanziarie.
In questo ambito anche il regime fiscale ha una sua influenza. La diversa imputabilità dei ricavi e deducibilità dei costi può impattare sul valore dei multipli, soprattutto nel caso di un P/E; al fine di prevenire sintesi non omogenee, è consigliabile confrontare aziende sottoposte a sistemi fiscali equivalenti.
4. Il campione nelle transazioni comparabili
Anche nel caso di applicazione del metodo delle transazioni comparabili, la scelta del campione richiede l’esame di più variabili, alcune di carattere quantitativo, altre di natura qualitativa, una sintesi delle quali è di seguito rappresentata, per quanto, come ricordato nei PIV, occorre considerare che “le transazioni comparabili esprimono prezzi che possono riflettere i premi legati a sinergie speciali o premi di ottimizzazione della gestione riferiti alla specifica transazione e non estendibili alla società oggetto di valutazione” (§ III.1.40). I parametri ritenuti più significativi sono i seguenti:
- settore;
- ambito territoriale;
- periodo temporale di riferimento;
- tipologia di transazione;
- oggetto della transazione;
- presenza di condizioni sospensive;
- parametri dimensionali.
Anche in questo caso la prima verifica da effettuare riguarda il settore di appartenenza. Mentre nel caso dei multipli di borsa esiste un unico soggetto di confronto, rappresentato dalla società quotata, nel caso delle transazioni comparabili esistono tre soggetti: la società target, il venditore e l’acquirente. Dal momento che quest’ultimo potrebbe non essere un operatore del comparto – si pensi, ad esempio, alle holding, ai fondi di private equity, alle multinazionali che operano secondo una logica diversificata – il soggetto che guida l’inclusione o meno nel panel è la società target.
Naturalmente valgono anche in questo caso le avvertenze già espresse circa la difficoltà a tracciare linee di demarcazione nette tra ambiti economici contigui. Si pensi, ad esempio, al caso di operazioni nel comparto alimentare: apparentemente si tratta di un contesto relativamente omogeneo, ma, in realtà, coesistono differenti tipologie di business, a seconda che si faccia riferimento alla produzione legata al ciclo del freddo (gelati, surgelati, etc.), alla commercializzazione di prodotti freschi (frutta, verdura) o conservati, alla presenza di prodotti distribuiti in una specifica area geografica o su base mondiale. In buona sostanza, il comparto alimentare, che a prima vista appare relativamente omogeneo, vede la compresenza di molteplici specificità, ciascuna delle quali presenta un diverso livello di investimenti, di rischio e di struttura finanziaria.
Anche l’ambito territoriale esprime alcune peculiarità, dal momento che una parte rilevante delle operazioni, soprattutto quelle di maggiore dimensione, avviene cross-border. Ciò significa che, sullo sfondo della transazione, possono coesistere più ordinamenti che condizionano le technicalities, sia sotto il profilo giuridico che economico-aziendale. Ad esempio, nelle acquisizioni di società con base in India o nella Repubblica Popolare Cinese sussistono limitazioni per quanto riguarda la detenzione di partecipazioni di controllo; è evidente che tale circostanza influisce sul valore di tali transazioni e, conseguentemente, sui multipli.
Un ulteriore tema riguarda il periodo temporale in cui è avvenuta la transazione, che dovrebbe essere prossimo a quello della data di riferimento della valutazione. Al riguardo valgono le considerazioni già espresse in relazione ai multipli di borsa, pur prendendo atto che “in assenza di transazioni rilevanti in tempi ravvicinati, è possibile fare uso di transazioni realizzate lungo un arco temporale più ampio, purché sia possibile aggiornare il paradigma valutativo di mercato sulla base di variabili cosiddette momentum” (PIV, § III.1.38); si tratta, nello specifico, di variabili cicliche che consentono di cogliere la fase di contesto nella quale è avvenuta la transazione, quali potrebbero essere: il livello dei tassi di interesse, la performance degli indici di borsa delle società quotate nello specifico settore, etc.
Altri aspetti da considerare congiuntamente sono rappresentati dalla tipologia di transazione, dalla modalità di pagamento e dal livello di controllo conseguito. Tutte queste variabili influiscono sul valore dell’operazione e, conseguente, sui multipli. Le soluzioni tecniche possono essere molteplici e spaziano dall’acquisto in contanti, alla business combination, al buyout nelle sue varie declinazioni (family buyout, management buyout, etc.), alla permuta, all’assunzione di passività, etc. Tendenzialmente il pagamento cash è quello che fornisce la migliore evidenza di valore, in quanto, pur risentendo della contingenza negoziale, costituisce una buona approssimazione di un fair value. Nelle business combination, di contro, ciò che conta non è soltanto il controvalore dell’operazione, ma anche il processo di determinazione del concambio e agli assetti societari ottenuti nella società risultante; può accadere infatti che i valori economici delle società partecipanti siano percepiti come un fattore non essenziale, purché funzionali ad un rapporto di cambio che rifletta le aspettative dei soci. L’assunzione di passività costituisce una forma alquanto diffusa di corrispettivo, che potrebbe tuttavia non essere del tutto rappresentativo del controvalore teorico; il prezzo potrebbe infatti includere il vantaggio di cui usufruisce l’acquirente per effetto della maggiore o minore dilazione nel pagamento del debito preso in carico.
Un aspetto che assume rilevanza nell’ambito della transazione è rappresentato dal livello di “prossimità” delle parti coinvolte. Un’operazione tra soggetti indipendenti è probabile che esprima un prezzo di mercato attendibile; un’operazione tra parti correlate, soprattutto se condotta tra società non sottoposte ad un’Authority di vigilanza (e ai codici di disciplina che in tal caso sono costrette a rispettare), potrebbe non fornire un fair value del tutto rappresentativo.
Un tema ulteriore legato alla tipologia di transazione riguarda l’acquisizione o meno di una quota di controllo, in quanto il valore dell’operazione, e il multiplo di conseguenza, può essere condizionato dall’applicazione di eventuali premi di maggioranza e sconti di minoranza. In particolare, potrebbe essere poco significativo utilizzare multipli desumibili da transazioni che hanno ad oggetto una porzione molto modesta di capitale, soprattutto se ciò non influisce sugli assetti complessivi del gruppo.
Un altro aspetto da considerare nella selezione del panel è rappresentato dal “sottostante acquisito”, ovvero dall’oggetto della transazione, che può essere costituito da una società e da un ramo d’azienda, talvolta composto di uno o più assets preponderanti che, di fatto, esprimono la parte più rilevante del valore. Ad esempio, nel novembre 2015 Albertsons ha sottoscritto un accordo per l’acquisizione di un ramo di azienda contenente 30 punti vendita alimentari da Heggen per un importo di 14,4 milioni di dollari; nel gennaio 2016 Sezarc Company ha formalizzato l’acquisizione dei rami Southern Comfort e Tuaca dalla Brown-Forman Corporation per 540 milioni di dollari. Nel primo caso, di fatto, oggetto della transazione sono stati 30 spazi commerciali; nel secondo caso, due brand storici nel business dei superalcolici. Utilizzare i dati di queste transazioni per la valutazione di una società target operante nel food & beverage potrebbe essere fuorviante, in quanto il sottostante dell’operazione sono stati specifici assets e non una vera e propria “azienda”.
Un approfondimento specifico, spesso di difficile riscontro, dovrebbe poi riguardare la presenza di condizioni sospensive che potrebbero rettificare il valore dell’operazione e, conseguentemente, del multiplo. Ad esempio, una parte residuale del prezzo potrebbe essere legata all’avveramento di circostanze non ancora definite al momento della chiusura del deal, che potrebbero modificare il controvalore complessivo della transazione.
Infine, per quanto attiene ai parametri dimensionali (attività, ricavi, Ebitda, Ebit, etc.), valgono le considerazioni in precedenza espresse. In generale, è opportuno verificare che vi sia una sostanziale omogeneità tra la transazione comparabile e la società target, a partire dal controvalore dell’operazione.
5. Il trattamento dei dati del campione
La composizione del panel, oltre a tenere in considerazione gli aspetti testé presi in esame, dovrebbe presentare un buon livello di omogeneità anche per quanto concerne il valore dei multipli, nella prospettiva di addivenire ad una sintesi significativa da utilizzare per la valutazione della società target.
L’omogeneità può essere apprezzata in relazione:
- alla dispersione dei valori rispetto alla media o alla mediana;
- alla correlazione che esiste tra più moltiplicatori e una grandezza ritenuta significativa.
Per quanto attiene al primo aspetto, un campione è tanto più omogeneo, quanto è più modesta la dispersione (leggasi deviazione) dei valori del panel rispetto alla media o alla mediana. Si ipotizzi, ad esempio, di isolare due panel, composti da società comparabili che rispettano i requisiti in precedenza descritti (Fig. 1).
Fig. 1 – Confronto tra due panel
Comparables 1 | EV/Ebitda | Comparables 2 | EV/Ebitda |
Panel 1 | Panel 2 | ||
Società 1 | 5,7x | Società 7 | 8,5x |
Società 2 | 7,9x | Società 8 | 8,1x |
Società 3 | 4,9x | Società 9 | 8,2x |
Società 4 | 10,2x | Società 10 | 7,9x |
Società 5 | 7,8x | Società 11 | 8,4x |
Società 6 | 12,9x | Società 12 | 7,8x |
Media | 8,2x | Media | 8,2x |
Mediana | 7,9x | Mediana | 8,2x |
Val max | 12,9x | Val max | 8,5x |
Val min | 4,9x | Val min | 7,8x |
Esaminando media e mediana, i due panel sono sostanzialmente identici. Tuttavia, i valori per mezzo dei quali si perviene ai medesimi risultati sono differenti. Il Panel 1 contiene una maggiore dispersione, dal momento che le 6 società del campione presentano un multiplo EV/Ebitda che varia tra 4,9x e 12,9x. Il Panel 2, al contrario, evidenzia valori più omogeni, in quanto il range di variazione è compreso tra 7,8x e 8,5x. Ciò significa che le imprese del Panel 2 assumono una maggiore rilevanza statistica e, a parità di risultati, sono da considerarsi più idonee per la composizione del campione.
Ciò è confermato anche dal calcolo della deviazione standard, che è pari a 2,94 per il Panel 1 e a 0,27 per il Panel 2. Si ricorda che la deviazione standard fornisce un riscontro di come siano distribuiti i dati nel campione rispetto alla media; in altre parole, consente di sapere se la media è affidabile per dare una rappresentazione significativa dei dati. Tanto più il valore è vicino a 0, tanto più è ridotta la deviazione. A questo riguardo anche i PIV confermano che “in linea di principio i moltiplicatori più affidabili sono quelli che presentano una minore dispersione (misurata dal coefficiente di variazione = deviazione standard/media)” (§ III.1.38).
Può accadere che società appartenenti al medesimo comparto presentino valori significativamente differenziati.
Un secondo livello di verifica riguarda la correlazione che esiste tra i moltiplicatori e una grandezza ritenuta significativa. Ciò serve a verificare quale multiplo si presta meglio ad interpretare le dinamiche del valore.
Si ipotizzi che una variabile giudicata rilevante per la composizione del campione sia rappresentata dall’Ebitda margin %, che è determinato attraverso il rapporto tra Ebitda e ricavi. Stante questo presupposto, è utile accertare se sia più significativo utilizzare un multiplo dell’Ebitda (EV/Ebitda) o un multiplo dei ricavi (EV/Sales).
Per fare ciò, occorre determinare il multiplo che presenta una maggiore correlazione con il rapporto Ebitda margin %. Nell’esempio in Fig. 3 il multiplo EV/Ebitda presenta un livello di correlazione e un coefficiente di determinazione R2 con l’Ebitda margin % superiore a quello espresso dal multiplo EV/Sales.
Fig. 2 – Correlazione tra multipli e indice
Comparables | EV/Ebitda | EV/Sales | Ebitda margin % |
Società 1 | 9,2x | 3,4x | 12,3% |
Società 2 | 8,5x | 2,9x | 11,2% |
Società 3 | 9,1x | 3,1x | 11,8% |
Società 4 | 7,5x | 2,6x | 9,7% |
Società 5 | 8,9x | 3,2x | 10,5% |
Società 6 | 8,1x | 2,9x | 10,2% |
Società 7 | 8,8x | 2,6x | 11,6% |
Società 8 | 9,1x | 3,5x | 12,1% |
Società 9 | 8,2x | 2,8x | 10,9% |
Società 10 | 9,5x | 3,0x | 12,6% |
Media | 8,69x | 3,0x | 11,3% |
Mediana | 8,85x | 2,9x | 11,4% |
Dev st media | 0,61 | 0,31 | 0,01 |
Min | 7,5x | 2,6x | 9,7% |
Max | 9,5x | 3,5x | 12,6% |
Correlazione con Ebitda margin % | 0,90 | 0,54 | – |
R2 | 0,80 | 0,28 | – |
Questo significa che l’EV/Ebitda esprime una “relazione” più forte rispetto all’EV/Sales e che, nella prospettiva di una value map, tale moltiplicatore è in grado di interpretare in modo più attendibile le dinamiche del valore. In Fig. 3 è riportata la retta di regressione.
Osservano al riguardo i PIV che “lo strumento tecnico più utile per individuare il paradigma valutativo è la costruzione di regressioni – per lo più lineari, anche se non necessariamente – (value map) che permettano di collegare il livello del moltiplicatore preso in esame con la dinamica di uno (o più driver) sottostante. La regressione, purché applicata ad un campione sufficientemente numeroso e statisticamente significativo, è uno strumento prezioso anche per un accurato posizionamento dell’azienda considerata rispetto al campione di riferimento” (§ III.1.38).