Sovraindebitamento

Il limite minimo di soddisfazione dei creditori nelle procedure di sovraindebitamento

Nel sovraindebitamento non sussiste, in generale, detto limite, ma occorre fare dei distinguo tra le varie procedure.

24/05/2020

La disciplina del sovraindebitamento, in generale, non prevede un limite minimo di soddisfazione dei creditori.

Tuttavia, per fornire una risposta esaustiva, occorre operare delle distinzioni tra le varie procedure previste dalla Legge 3/2012.

Nel caso del piano del consumatore, il limite minimo si ricava dalla relazione particolareggiata dell’OCC. L’Organismo/Gestore infatti ha il compito di confrontare la soddisfazione riservata ai creditori in base al piano proposto dal consumatore, e la loro soddisfazione nell’alternativa liquidatoria. Si ricorda infatti che, considerato che nella procedura di piano del consumatore non è prevista l’espressione del voto da parte dei creditori (cosa che invece avviene nell’accordo), spetta all’OCC verificare che la soddisfazione dei creditori proposta nel piano, non sia peggiorativa rispetto a quanto gli stessi creditori ricaverebbero dall’alternativa liquidatoria. Si ricorda, peraltro, che il termine di “alternativa liquidatoria” va inteso non come procedura esecutiva individuale, bensì come procedura di liquidazione del patrimonio ai sensi dell’art. 14-ter e seguenti della L. 3/2012. Quindi, anche in caso di cram down, il Tribunale potrà omologare il piano proposto dal debitore/consumatore, qualora il Giudice appuri che, ferme tutte le altre condizioni ostative, il creditore in questione non potrebbe avere soddisfazione maggiore nell’alternativa liquidatoria. Caso particolare potrebbe verificarsi qualora l’OCC giudicasse il piano non conveniente per i creditori rispetto alla liquidazione del patrimonio ma, non essendo state presentate contestazioni da parte dei creditori, il Giudice potrebbe comunque omologare il piano del consumatore in questione[1].

Nel caso dell’accordo del debitore, come accade anche nella procedura di piano del consumatore, la Legge non stabilisce alcun limite minimo per la soddisfazione dei creditori. A differenza di quanto avviene nella procedura di piano, tuttavia, in generale non sarà onere dell’OCC valutare la convenienza per i creditori, della proposta del debitore rispetto all’alternativa liquidatoria. In tale procedura sono infatti i creditori stessi a valutare la congruità della proposta, manifestando il loro parere mediante l’espressione del voto. Sono dunque essi che giudicano la convenienza economica della proposta di accordo avanzata dal debitore.

«Nel piano del consumatore il limite si ricava dalla relazione particolareggiata dell’OCC, mentre nel caso dell’accordo sono i creditori a valutarlo mediante l’espressione del voto»

Un caso particolare è costituito dalla proposta di accordo che non prevede la soddisfazione integrale dei crediti privilegiati. In questo caso, al contrario di quanto avviene nella situazione di accordo che paga il 100% dei privilegiati, occorrerà un’attestazione ad hoc da parte dell’OCC. Si tratta dell’attestazione prevista dall’art. 7, comma 1, secondo periodo, della Legge sul Sovraindebitamento. In base a tale disposizione, che ovviamente esplica la propria validità anche nei confronti del piano del consumatore, “È possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possono non essere soddisfatti integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi”. Dunque, in modo del tutto simile a quanto avviene nella procedura di piano del consumatore, l’Organismo/Gestore dovrà operare un confronto con l’alternativa liquidatoria e verificare la convenienza economica dell’accordo per i creditori, rispetto alla procedura di liquidazione del patrimonio.

Nella liquidazione del patrimonio non esiste ovviamente alcun limite minimo alla soddisfazione dei creditori. O più precisamente, secondo la maggior parte dei Tribunali Italiani, esiste il limite minimo che vale per tutte le procedure, ossia che deve esistere un patrimonio da liquidare, o già liquidato, ed in particolare che esso sia sufficiente a garantire quantomeno il pagamento di tutte le spese di procedura e il pagamento parziale (seppur minimo) dei creditori. Infatti, non avrebbe alcun senso instaurare una procedura concorsuale in mancanza di patrimonio liquidato o da liquidare (inteso nel senso di “assoluta mancanza di attivo” o comunque di “attivo così ridotto da non permettere neppure di coprire i costi di procedura”), considerato che in tale modo non si avrebbe la prospettiva di soddisfare neppure minimamente i creditori concorsuali[2].

Una riflessione a parte si impone per la previsione di cui all’art. 7, primo comma, terzo periodo, relativa al divieto di stralcio di Iva e ritenute, in merito alla quale si rimanda al contributo di questo stesso autore denominato “Trattamento dei crediti e definizione delle posizioni tributarie nel sovraindebitamento”, presente su questo stesso sito.

Infine, si segnala che il pagamento dei crediti impignorabili di cui all’art. 545 del Codice di procedura civile e delle altre disposizioni contenute in leggi speciali, deve essere assicurato in ogni caso e in ogni procedura di sovraindebitamento[3].

[1] Cfr. A. Torcini, Il sindacato di diligenza, meritevolezza e convenienza economica nel sovraindebitamento, su www.fallimento.it

[2] Sul tema, vedasi il contributo “Ammissibilità della liquidazione del patrimonio senza patrimonio da liquidare”, di questo stesso autore, pubblicato su questo sito.

[3] Cfr. Fondazione Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Firenze, Guida Operativa Procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio, 2018, pag. 14.

Autore

Dott. Lorenzo Bandinelli
Dottore Commercialista
Revisore Legale
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