Sovraindebitamento

Ammissibilità della liquidazione del patrimonio senza patrimonio da liquidare

Come liberarsi dai debiti senza avere a disposizione alcun patrimonio da liquidare.

26/05/2020

Liquidazione del patrimonio senza patrimonio da liquidare. Anche se all’apparenza sembrerebbe trattarsi di un ossimoro mal riuscito, privo di qualsiasi valenza pratica, la locuzione sopra riportata ha rivestito e riveste una grande importanza nell’economia della procedure di sovraindebitamento. In particolare, fin dall’entrata in vigore della Legge 3/2012, la dottrina si è interrogata sulla possibilità per un soggetto sovraindebitato di accedere alla procedura di liquidazione del patrimonio introdotta nel nostro ordinamento dagli articoli 14-ter e seguenti della Legge citata, qualora sprovvisto di qualsivoglia patrimonio da liquidare o già liquidato.

In un altro contributo presente in questo sito[1], si è già avuto modo di evidenziare come “Nella liquidazione del patrimonio non esiste ovviamente alcun limite minimo alla soddisfazione dei creditori. O più precisamente, secondo la maggior parte dei Tribunali Italiani, esiste il limite minimo che vale per tutte le procedure, ossia che deve esistere un patrimonio da liquidare, o già liquidato, ed in particolare che esso sia sufficiente a garantire quantomeno il pagamento di tutte le spese di procedura e il pagamento parziale (seppur minimo) dei creditori. Infatti, non avrebbe alcun senso instaurare una procedura concorsuale in mancanza di patrimonio liquidato o da liquidare, considerato che in tale modo non si avrebbe la prospettiva di soddisfare neppure minimamente i creditori concorsuali”. Tuttavia, un caso assai frequente nel quale ci si imbatte in ambito di liquidazione del patrimonio (e di sovraindebitamento in generale) è quello del soggetto sovraindebitato che non dispone di beni (mobili o immobili) suscettibili di valutazione economica da vendere, non vanta crediti che un ipotetico nominando liquidatore potrebbe occuparsi di recuperare, ma dispone unicamente del proprio reddito mensile, ad esempio di lavoro dipendente o di pensione. Tali soggetti, sebbene possano apparire come casi limite, rappresentano in realtà – da un mero punto di vista numerico-statistico – la grande maggioranza dei soggetti potenzialmente interessati alle procedure di sovraindebitamento.

La dottrina si è più volte chiesta se sia ammissibile una domanda di liquidazione del patrimonio che non preveda – di fatto – alcun patrimonio da liquidare, ma che sia basata esclusivamente sui crediti futuri di cui il soggetto sovraindebitato possa contare per lavoro o per pensione.

In effetti, gli articoli 14-ter e seguenti della Legge 3 non offrono indicazioni precise al riguardo e la giurisprudenza ha avuto in questi anni un orientamento piuttosto ondivago.

Il tenore letterale della norma, e in particolare l’art. 14-ter, primo comma, infatti, sembrerebbe permettere al debitore l’accesso alla procedura solo con la richiesta di “liquidazione di tutti i suoi beni”. Tale locuzione, seppur molto ampia, non ricomprenderebbe i redditi del soggetto sovraindebitato e peraltro, considerato che le somme derivanti dai redditi (di lavoro o di pensione) sono di fatto già liquide[2], sembrerebbe perdere di significato anche la nomina di un liquidatore ex art. 14-quinquies, che secondo la norma dovrebbe occuparsi della liquidazione dei beni del sovraindebitato, ma che nel caso specifico sarebbe invece chiamato semplicemente a ripartire somme già liquide e trasferibili.[3] Tra i vari provvedimenti in tal senso, si segnala Tribunale di Mantova, n. 43 del 18.06.2018 (Est. Dott. Gibelli)[4].

Tuttavia, chi scrive appartiene alla schiera, ormai maggioritaria, di coloro che sostengono, al contrario, che sia certamente possibile permettere ai soggetti sovraindebitati che siano titolari esclusivamente di redditi di lavoro o di pensione, di poter accedere alla procedura di liquidazione del patrimonio. Infatti la ratio della norma sul sovraindebitamento e la voluta ampiezza della definizione dell’art. 14-ter, primo comma, fa sì che si possano ricomprendere tra i “beni” liquidabili anche crediti futuri, quali sono quelli di lavoro o di pensione. Del resto, l’art. 810 del codice civile, ricomprende nella nozione giuridica di beni “le cose che possono formare oggetto di diritti”, e l’art. 2740 del codice civile, relativo alla responsabilità patrimoniale, stabilisce che “Il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”.

«Secondo l’orientamento maggioritario di dottrina e giurisprudenza è possibile accedere alla liquidazione del patrimonio anche nei casi in cui l’unico attivo della procedura sia costituito da quote di reddito del soggetto sovraindebitato»

A supporto di tale tesi si ricorda anche che è espressamente previsto dall’art. 14-undecies L. 3/2012 che “I beni sopravvenuti nei quattro anni successivi al deposito della liquidazione della domanda di cui all’articolo 14-ter costituiscono oggetto della stessa, dedotte le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione dei beni medesimi”. Anche alla luce di tale previsione, si ritiene che la volontà del legislatore della L. 3 fosse quella di includere nel patrimonio del debitore ogni somma idonea a soddisfare i creditori, e dunque certamente anche i crediti futuri.

Autore

Dott. Lorenzo Bandinelli
Dottore Commercialista
Revisore Legale
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