Fiscalità internazionale

TRANSFER PRICING: SOCIETA’ COMPARABILI SOLO ALLO STESSO “STADIO”

Valgono tutti i valori all’interno dell’intervallo

Di Enrico Holzmiller

La Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Milano, con la recente sentenza n. 3833/24 (Presidente Bolognesi, Relatore Moroni) ha affrontato due temi particolarmente “caldi” negli accertamenti da Transfer pricing: la corretta determinazione dei soggetti comparabili ed il posizionamento della Tested Party nell’intervallo formato dai citati comparables.

Il caso trattato ha come oggetto la corretta determinazione dei prezzi di trasferimento tra una società italiana, aventi funzioni da “distributiva”, ed il relativo gruppo internazionale.

Dalla sentenza risulta che il metodo adottato dalla contribuente sia stato il Transactional Net Margin Method (TNMM) con indicatore ROS. La banca dati utilizzata è la TP Catalyst.

Per poter rendere comparabile la parte di business della Tested Party rispetto ai potenziali comparabili, sono stati segmentati i conti economici in modo opportuno.

L’Ufficio, preso atto della benchmark analysis effettuata dalla società contribuente, concentra i propri rilievi innanzi tutto sulla scelta dei soggetti comparabili: ritenendo quelli scelti dalla contribuente, con metodo deduttivo, non corretti, utilizza un approccio addittivo sostituendoli quasi tutti a favore di, altri non risultanti da banche dati.

I Giudici al riguardo hanno rilevato che tutti i comparabili scelti dall’Ufficio erano clienti della stessa società contribuente. Ancorchè detti soggetti fossero qualificabili anch’essi come distributori, si trovavano oggettivamente “a valle” della supply-chain, e per di più caratterizzati da una clientela retail e non riferita alla grande distribuzione, mercato di riferimento della Tested Party. La Commissione ha rilevato quindi la non idoneità dei soggetti scelti dall’Ufficio, non potendo bastare il fatto che sia queste ultime che la tested Party svolgessero un’attività latu sensu distributiva.

Al riguardo, giova ricordare – ancorchè non sia stato esplicitato nella sentenza –  che l’articolo 110 tuir, comma 7 esplicita l’esigenza che lo studio si basi su “circostanze comparabili”. Dello stesso tenore sono le Guidelines OCSE 2022, che al Capitolo III (“comparability analysis”), parg. A.5 – 3.42 fanno riferimento a “similar broad functions”. E’ peraltro lo stesso approccio – addittivo –  utilizzato dall’Ufficio ad avere criticità. Le citate linee guida Ocse infatti, seppur non identificano una chiara priorità tra l’approccio addittivo e quello deduttivo, specificano che il primo può essere utilizzato solo nel caso in cui si abbia una puntuale conoscenza dei comparables scelti (“may be used as the sole approach where the person making the search has knowledge of a few third parties that are engaged in transactions that are comparable to the examined controlled transaction” – Ocse 3.41).

Un altro aspetto criticato dai Giudici è stata la scelta dell’Ufficio – possiamo dire consueta – di utilizzare il valore della mediana del range di riferimento per determinare l’importo da recuperare a tassazione.

Al riguardo, la Commissione ricorda che le stesse Linee Guida Ocse (parg A 7.2) chiariscono che, laddove l’intervallo di riferimento sia costituito da soggetti comparabili di eguale affidabilità, qualunque valore all’interno dello stesso soddisfa il principio di libera concorrenza. Il medesimo concetto – già presente nelle linee guida Ocse 2017-  è stato peraltro normato a livello nazionale dal DM 14.5.2018 (GU 118/18) ed in particolare dal relativo articolo 6, comma 2.

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Fazzini Holzmiller & Partners

Autore

Dott. Enrico Holzmiller
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